I legami karmici , cosa sono e come risolverli

I legami karmici non sono soltanto le relazioni di coppia, ma anche di amicizia e anche le relazioni familiari

Questi legami sono effettivamente una scuola di approfondimento che serve a comprendere sempre meglio tutto ciò che è tossico e in contrasto con l’amor proprio e con i valori che sono alla base di un lavoro interiore, come il rispetto per sé stessi.

I legami karmici sono semplicemente dinamiche irrisolte di vite precedenti che chiedono una soluzione, una guarigione.

Sono effettivamente gabbie di dolore, il cui scopo è quello di farci conoscere il valore di noi stessi.

Un rapporto karmico,

che sia un parente, un amico o un partner, ti fa lavorare su questo:

Fiducia nelle tue potenzialità

potere personale

rispetto di te stesso

Amor proprio.

Il rapporto karmico proprio per questo tende ad umiliarti, a svilirti, a caricarti di responsabilità che non sono tue e a maltrattarti in varie modalità.

Quando hai avuto a che fare con uno o più rapporti di questo tipo…hai senz’altro imparato a delineare quei confini necessari per stabilire e mantenere  il rispetto per te stesso, per i tuoi bisogni e le tue necessità, il tuo valore, la tua libertà, la tua Luce.

Un legame karmico ha lo scopo di spegnere la tua luce il più possibile, in tutti modi possibili. Perché solo in questo modo troverai quella spinta interiore, quel desiderio di brillare ancora di più.

Un legame karmico tende a calpestare e a reprimere quelle che sono le tue potenzialità, le tue qualità e i tuoi talenti. Tende ad annientare la fiducia in te stesso, a reprimere e a sminuire la tua energia sessuale, a privarti dell’abbondanza materiale, a toglierti libertà in tutte le sue forme, a renderti schiavo di dinamiche di dolore, 

facendoti credere che il tuo diritto alla felicità, all’amore e alla realizzazione personale non abbia alcun valore.

La scuola karmica insegna questo.

Quindi tutte quelle persone che hanno oltrepassato questa soglia, perché hanno scelto questa scuola per la propria evoluzione personale, in questo momento stanno uscendo da un ciclo lunghissimo di apprendimento.

C’è chi ha già concluso, chi lo sta concludendo, e chi lo concluderà.

Questa è la spinta collettiva del momento

Ecco perché sia i rapporti di coppia, sia i rapporti di amicizia, sia i rapporti familiari si trovano ad una revisione necessaria, per poi procedere liberi da queste catene karmiche

Per alcune persone è già avvenuta anni fa, mentre per altre sta avvenendo tuttora una pulizia approfondita.

Ovvero scelte di vita importanti, dove le persone che rappresentano questi debiti karmici vengono allontanate, perché non più in risonanza

Una volta risolta dentro sé stessi la chiave di lettura di queste sfide evolutive, le persone non più utili al nostro cammino si allontaneranno definitivamente

Rimarranno le persone con cui abbiamo guarito quelle ferite personali

E ne arriveranno di nuove in risonanza con la nostra guarigione/frequenza

È tempo di relazioni sane

È tempo di relazioni guarite, trasformate e rinnovate

È tempo di nuovi inizi

⚜️ Marika Moretto

Fonte

RAY DALIO: “IN CINA: UNA TEMPESTA DI 100 ANNI ALL’ORIZZONTE E IL MODO IN CUI STANNO GIOCANDO LE CINQUE GRANDI FORZE”

Ray Dalio analizza la situazione attuale della Cina e propone la sua soluzione a quelli che sono i problemi strutturali che essa affronta.

FONTE

Alcuni anni fa, il presidente Xi Jinping iniziò ad avvertire che sarebbe arrivata una grande tempesta che durerà 100 anni. Come è tipico dei primi giorni di un uragano, ora lo si può sentire. Le circostanze e l’umore in Cina sono indiscutibilmente cambiati e sono diventati più minacciosi. Questi cambiamenti sono dovuti principalmente alle grandi forze del ciclo.

Gli ambienti più gioiosi e produttivi sono quelli caratterizzati da libertà, civiltà e creatività e quelli in cui le persone possono trasformare i propri sogni in grandi realtà con una prosperità condivisa dalla maggior parte delle persone. Ciò è accaduto in Cina dal 1980 circa fino a circa cinque anni fa. È abbastanza tipico che tali boom producano bolle di debito e grandi divari di ricchezza che portano i boom a trasformarsi in bolle che si trasformano in crolli. Ciò è accaduto in Cina nello stesso momento in cui il conflitto globale tra le grandi potenze si è intensificato, quindi la Cina si trova ora nella parte post-bolla e del conflitto tra grandi potenze del Grande Ciclo, guidato dalle cinque grandi forze che hanno cambiato l’umore e l’ambiente. In questo articolo descriverò innanzitutto in breve come si è svolto il Grande Ciclo all’incirca nel secolo scorso, quindi spiegherò il quadro attuale di ciò che sta accadendo oggi, concentrandomi sulle sfide che la Cina si trova ad affrontare. Questa storia e queste dinamiche sono complesse e importanti per la storia del mondo e per l’ordine globale: tutto ciò che scrivo qui è come lo vedo in base alla mia esperienza, alle mie relazioni e alla mia ricerca.

Come si è verificato il grande ciclo in Cina per creare le condizioni dall’inizio della RPC fino alle condizioni attuali

Nel periodo 1930-45 si verificò l’ultima grande tempesta degli ultimi 100 anni, che fu classicamente innescata dalla confluenza di 1) un crollo del debito che scatenò una depressione globale, 2) una guerra civile in Cina tra i ricchi capitalisti di destra e i poveri comunisti di sinistra (che finì nel 1949 quando vinsero i comunisti), 3) una guerra-conflitto internazionale tra grandi potenze che terminò nel 1945 quando gli Stati Uniti (e, in misura molto minore, Gran Bretagna e Russia) vinsero, creando l’ordine mondiale guidato dagli americani, 4) molti atti dirompenti della natura e 5) grandi cambiamenti tecnologici. Quel periodo si concluse nel modo classico in cui finisce, con un debito e un collasso economico, una parte che vinse sull’altra nella grande guerra internazionale e l’inizio del nuovo ordine mondiale (nel 1945), e una parte che vinse sull’altra nella guerra civile. e l’inizio del nuovo ordine interno (nel 1949).

Dal 1949 (l’anno in cui venne creato il nuovo ordine interno attraverso la formazione della Repubblica Popolare Cinese) fino al 1978 (l’anno in cui Deng Xiaoping salì al potere), ci fu un tipico periodo di consolidamento del dopoguerra guidato da Maonel modo da lui voluto, attraverso una politica economica interna: una politica comunista, una politica interna oppressiva (dittatoriale e progettata per eliminare l’opposizione) e una politica estera isolazionista. Questo, insieme ai grandi atti dirompenti della natura, hanno portato a molte grandi sfide, a periodi difficili e a pochi progressi economici e tecnologici. Mao e quell’epoca sono morti nel 1976.

Quando Deng Xiaoping salì al potere nel 1978, ridusse il controllo individuale e le repressioni, aumentò la leadership collettiva, sostituì il comunismo autocratico duro e puro con mercati più liberi e dosi sempre maggiori di capitalismo e aprì la Cina agli stranieri affinché imparassero e guadagnassero da loro. Fu come spruzzare acqua su un terreno fertile che portò ad una grande fioritura. Dal 1978 fino all’ascesa al potere di Xi, si è verificato un classico ringiovanimento capitalista, che ha portato a un boom in cui l’economia, il tenore di vita e il debito sono cresciuti notevolmente. Allo stesso tempo, la Cina non veniva percepita dagli altri paesi come una minaccia per la grande potenza leader (gli Stati Uniti) e per il suo ordine mondiale. Di conseguenza, la Cina godeva di un ambiente gioioso e produttivo in cui si registrava un aumento relativamente ampio di libertà, civiltà e creatività e in cui le persone potevano trasformare i propri sogni in grandi realtà e la maggior parte delle persone ne traeva beneficio, sebbene i ricchi ne beneficiassero più dei poveri. Come accade di solito, queste politiche hanno anche prodotto maggiori divari di ricchezza e maggiori livelli di corruzione. Ciò ha cominciato a finire quando Xi è salito al potere, non perché è arrivato al potere, ma a causa della posizione della Cina nel suo Grande Ciclo e del modo in cui la nuova leadership l’ha affrontata.

Quando il presidente Xi è salito al potere nel 2012, è iniziata una transizione durata circa 11 anni che ha portato la Cina da com’era nel 2012 a com’è oggi. Ho avuto la fortuna di vederlo da vicino. All’inizio della sua presidenza, gli obiettivi principali di Xi e della leadership erano riformare l’economia ed eliminare la corruzione. Per gran parte del primo mandato quinquennale di Xi c’è stata a) ancora un’apertura al pensiero esterno, b) un forte desiderio di riformare ulteriormente l’economia rendendola più orientata al mercato e costruendo e riformando i mercati dei capitali, e c) azioni forti adottati per eliminare la corruzione. I leader senior scelti erano quelli che erano inclini a fare quelle cose. Naturalmente, come fare queste cose è stato dibattuto e alcune persone hanno beneficiato dei cambiamenti mentre altri ne sono rimasti feriti, quindi nel primo mandato di Xi c’è stato un movimento per consolidare il potere attraverso il passaggio alla “leadership centrale”. Ciò è diventato più chiaro nei cambiamenti di leadership che hanno accompagnato il passaggio dal primo al secondo mandato quinquennale sotto Xi. Nel 2015, Xi ha presentato il suo audace piano per il 2025, considerato ambizioso dai cinesi e minaccioso dagli americani. La Cina non poteva più “nascondere il potere”. Gli americani vedevano i cinesi come una minaccia. Quando Donald Trump salì al potere nel 2017 e Xi iniziò il suo secondo mandato nel 2017, il grande conflitto di potere era già iniziato. Nel 2019-20 è emerso il COVID-19. Allo stesso tempo, la bolla del debito e i divari di ricchezza erano aumentati, quindi la classica convergenza di forze ha portato alla formazione della “grande tempesta centenaria”. Nel 2021, circa a metà del secondo mandato di Xi, la bolla del debito interno cinese è scoppiata e il conflitto tra le grandi potenze internazionali si è intensificato. All’inizio del terzo mandato di Xi, nell’ottobre del 2022, la leadership cinese è passata da globalisti riformisti a leali nazionalisti comunisti, e ne sono seguite epurazioni e repressioni, il che ci porta fino ad ora. Descriverò presto come appaiono le cose adesso, ma prima di farlo, voglio chiarire il punto su come il Grande Ciclo stia giocando un ruolo importante nel determinare ciò che è successo.

La mano che è stata distribuita a Xi e come ha deciso di giocarla

Un leader cinese, storico e mio amico, diversi anni fa mi disse che le condizioni dei tempi creano il tipo di leader che emerge perché il processo evolutivo tira fuori il leader che si adatta all’ambiente. In altre parole, il modo in cui stanno andando i tempi determina il leader ancor più di quanto il leader determini come stanno andando i tempi. Mi ha regalato il libro Il ruolo dell’individuo nella storia del filosofo politico russo Georgi Plekhanov, che potresti trovare interessante. Quando Henry Kissinger stava scrivendo il suo libro sulla leadership e abbiamo parlato di ciò che rende un grande leader, ha sottolineato lo stesso punto: ciò che rende un grande leader in quel momento dipende da ciò di cui aveva bisogno in quel momento. Ad esempio, Konrad Adenauer (cancelliere tedesco subito dopo la seconda guerra mondiale) fu un grande leader per un paese sconfitto dopo una guerra perché sapeva essere allo stesso tempo deferente e abbastanza invadente nel trattare sia 1) le potenze dominanti che avevano sconfitto, e con 2) una popolazione interna che era stata sconfitta e distrutta in molti modi. Il mio punto è che ciò che sta accadendo ora e la leadership di Xi devono essere considerati nel contesto del Grande Ciclo. In altre parole, è importante distinguere tra la mano che Xi ha ricevuto e il modo in cui ha scelto di giocarla. È anche importante capire cosa sta succedendo ora e come Xi sta giocando la sua mano senza giudicare queste cose, perché giudicarle può ostacolare la loro comprensione. Il mio obiettivo è solo capire cosa sta succedendo e cosa è probabile che accada, e non voglio lasciare che i giudizi ostacolino questo obiettivo.

Per come la vedo io, il modello da tenere a mente è che il capitalismo (con o senza “caratteristiche cinesi”) produce credito che crea potere di spesa, che, se usato bene, libera creatività e prosperità, che produce l’onda ascendente nel ciclo. Ma inevitabilmente crea anche molti divari di debito e di ricchezza, e quando il debito diventa troppo grande per essere ripagato e ci sono grandi divari di ricchezza, il ciclo si inverte. Quando ci sono molti debiti e grandi divari di ricchezza nello stesso momento in cui ci sono grandi conflitti di potere nazionali e internazionali e/o grandi cambiamenti dirompenti nella natura (come siccità, inondazioni e pandemie, a cui la Cina è particolarmente incline) e grandi cambiamenti nella tecnologia, c’è una maggiore probabilità di una “grande tempesta di 100 anni”. Questo è l’ambiente attuale in Cina. Il destino ha messo Xi nella posizione in cui si trova, e il modo in cui giocherà la sua mano rifletterà da dove viene, motivandolo a fare ciò che fa, il che avrà una grande influenza su ciò che accadrà.

La storia mostra che in tutti i paesi e in tutti i tempi durante questi periodi difficilissimi, simili a tempeste, che durano 100 anni, i leader adottano politiche molto più autocratiche perché l’alternativa diventa un grande conflitto e disordine interno, e in genere si crea la tendenza a cambiamenti forzati di leadership a cui resistono. Ciò è particolarmente vero nella cultura cinese. La perdita del “mandato del cielo” è qualcosa di cui tutti sono consapevoli. Uno studioso cinese mi ha detto che il 38% degli imperatori cinesi sono morti per cause innaturali mentre erano al potere. Ci sono molte dinastie che hanno attraversato periodi di grandi tempeste e filosofie diverse che gli imperatori usavano per guidarle. Il “legalismo” è la convinzione che le persone siano motivate dall’interesse personale, soprattutto nei momenti difficili, quindi devono essere tenute a seguire rigorosamente l’imperatore e le sue regole, soprattutto nei periodi di grandi tempeste. L’approccio legalista con caratteristiche marxiste/maoiste sembra essere l’approccio scelto da Xi. Per essere chiari, non penso che ciò che è veramente sia chiaro ai non politici come ai politici. Sembra che stiano cercando di capire la “dialettica”. Ad esempio, so che l’imprenditorialità e i mercati aperti rimangono molto più aperti di quanto la mia caratterizzazione di un approccio legalista con caratteristiche marxiste/maoiste sembri suggerire.

Mentre le persone possono discutere i meriti di Xi e del governo cinese che ha creato un ambiente timoroso e di rigido controllo per indurre le persone a comportarsi nel modo in cui il governo vuole che si comportino, proprio come le persone possono discutere i meriti dell’approccio più democratico e disordinato del governo americano , è più importante vedere cosa sta succedendo nel modo più obiettivo possibile piuttosto che affrettarsi a esprimere giudizi in merito. Ecco il quadro attuale di ciò che sta accadendo per come lo vedo io.

Il quadro attuale di ciò che sta accadendo in Cina

Lo descriverò in termini di quelle che considero le cinque grandi forze che guidano il cambiamento dell’ordine mondiale e tendono ad evolversi in grandi cicli. Essi sono: quanto bene funziona il sistema economico, quanto bene funziona l’ordine interno all’interno dei paesi e quanto bene funziona l’ordine mondiale tra paesi, insieme agli atti della natura e della tecnologia.

1. Ci sono grandi debiti e problemi economici che deprimono l’attività economica, i prezzi e la psicologia. A livello nazionale, è un momento molto difficile per la Cina dal punto di vista finanziario perché molte persone stanno soffrendo gli effetti negativi sulla ricchezza derivanti dal calo a) dei prezzi immobiliari, b) dei prezzi delle azioni e di altri asset, c) dell’occupazione e d) dei compensi dei dipendenti. Inoltre, ci sono problemi finanziari e di debito in molte aziende e in molti governi locali che rappresentano un ostacolo e che, se non affrontati adeguatamente, avranno conseguenze negative per molto tempo. Queste cose hanno contribuito a rendere l’atmosfera più cupa.

Come dovrebbero essere affrontati questi problemi? Per me, in quanto pensatore macroeconomico che affronta il debito e i problemi economici più come un medico che come un ideologo, la leadership ha bisogno di una ristrutturazione del debito, cosa che dovrebbe fare attraverso la pianificazione di una bella riduzione della leva finanziaria (vedi il mio libro Principles for Navigating Big Debt Crises , che ti sto dando qui gratuitamente se sei interessato ad approfondire come appare) o avrà un “decennio perduto” come quello del Giappone. Mentre molte persone pensano che i politici dovrebbero allentare la politica monetaria per creare più credito, penso che considerino correttamente la creazione di più credito e debito come dare da bere a un alcolizzato per alleviare i problemi di astinenza. Credo che dovrebbero progettare sia 1) un deleveraging (che è deflazionistico, deprimente e ridurrà il peso del debito) sia 2) un allentamento della politica monetaria (che è inflazionistico, stimolante e allevierà il peso del debito) in modo che la spinta deflazionistica per ridurre il debito e le pulsioni inflazionistiche si bilancino. Questo è ciò che intendo per “bellissimo deleveraging”. A mio parere, ciò avrebbe dovuto essere fatto due anni fa e, se non verrà fatto, probabilmente si perderà un decennio. Penso che alcuni leader economici, specialmente quelli che hanno fatto questo sotto Zhu Rongji, capiscano come farlo, ma è molto difficile e politicamente pericoloso farlo perché innesca grandi cambiamenti nella ricchezza, il che è politicamente impegnativo, soprattutto in un periodo difficile perché la gente strilla. A mio parere, se la leadership non attua un efficace processo di deleveraging, la Cina si ritroverà ad affrontare un decennio perduto in stile giapponese, con caratteristiche marxiste.

La questione dell’invecchiamento della popolazione grava pesantemente sugli anziani, sui loro figli, sulle finanze del governo e sulle questioni sociali. L’età media di pensionamento è di 53 anni e l’età media di morte è di 84 anni, quindi le persone senza reddito devono essere assistite in media per 31 anni. Ciò è reso più difficile dal fatto che la precedente politica del figlio unico implicava che una persona dovesse prendersi cura di due genitori. Questo ha avuto un effetto depressivo sull’umore e sulla situazione finanziaria. Anche se l’età pensionabile dovrebbe essere innalzata e il sistema di sostegno sociale, compresa l’assistenza agli anziani, dovrebbe essere migliorato, nessuno dei due sta avvenendo a un ritmo adeguato. Ciò è dovuto principalmente al fatto che le persone non vogliono che la loro età pensionabile aumenti, il che è politicamente insostenibile, e perché la burocrazia governativa si sta muovendo molto lentamente, soprattutto ora che la maggior parte dei funzionari governativi è riluttante a intraprendere azioni coraggiose perché queste possono essere politicamente distruttive (come è in altri paesi, in particolare in Francia) e la gente strilla, quindi ci vuole coraggio. Inoltre, con la forza lavoro in calo e gli anziani che si ammalano e muoiono, tutto ciò è gravoso e deprimente. Ancora una volta, è probabile che ciò rimanga un peso a meno che il governo non affronti la questione in modo più energico.

2. Il divario interno di ricchezza e il conseguente conflitto sulla ricchezza e sui valori si stanno intensificando, il che induce paura. Il divario di ricchezza interna ha portato il governo a spingere per la prosperità comune e ad azioni dirette dal governo, apparentemente arbitrarie piuttosto che basate su regole. Ad alcuni queste mosse sembrano anticapitaliste, mentre ad altri sono semplicemente i messaggi del governo alle persone affinché rimangano fuori dalla politica e facciano ciò che la leadership vuole che facciano per aiutare la società. In ogni caso, è spaventoso e opprimente, soprattutto per le élite capitaliste. Durante un recente viaggio in Cina, i miei amici cinesi mi hanno ricordato che nel corso della storia cinese è sempre successo che non puoi essere ricco ed essere un funzionario governativo. Il capitalista-mercante che cercava il guadagno finanziario era tradizionalmente considerato pericolosamente avido e facilmente corruttibile, e non gli era permesso di essere al governo. Fu solo nel 2002 che a questi capitalisti-mercanti fu permesso di diventare membri del Partito Comunista. Ciò avvenne durante il periodo riformista. Ora non è più così “glorioso essere ricchi”. Come avviene sempre più in tutto il mondo, ma soprattutto in Cina, c’è una maggiore propensione a pensare che i ricchi siano egoisti e corrotti. L’epurazione e lo sradicamento della corruzione sono in corso anche nella maggior parte dei settori, forse in particolare in quello militare. In altre parole, è un momento di grande controllo e di rigorosa applicazione di ciò che dovrebbe essere fatto e di come le persone dovrebbero comportarsi, che è diventato minaccioso per alcuni.

Con il pendolo che ora oscilla nella direzione più legalistica, autocratica e comunista, naturalmente le persone si chiedono fino a che punto si spingerà, il che porta le persone a esagerare probabilmente le possibilità. Il mio studio della storia cinese (e i miei studi di storie simili in periodi analoghi) hanno riportato nella mia mente, come nella mente di altri, i ricordi delle campagne anti-destra capitalista che portarono alla persecuzione di queste persone, la confische di ricchezza, chiusura dei mercati azionari, applicazione di severi controlli sui cambi, restrizioni contro l’uscita dalla Cina e domande sulla direzione in cui si sta dirigendo il paese. La gente ricorda la guerra civile e i cambiamenti avvenuti dopo il 1949. Le élite che vivono maggiormente queste sofferenze sono più preoccupate. Sembra che le “élite” siano le più preoccupate e le meno favorevoli a Xi, mentre molti che ritengono che Xi stia cercando di proteggerli dall’essere sfruttati dalle élite lo sostengono fortemente. Sembra che Xi e la leadership pensino che la maggior parte delle persone scontente siano viziate e non apprezzino quanto stanno meglio rispetto a non molto tempo fa e che abbiano bisogno di indurirsi, disciplinarsi e allinearsi con le regole atte ad aiutare gli altri. Ciò ha contribuito a rendere l’atmosfera più cupa e pessimistica.

Nessuno sa fino a che punto il pendolo oscillerà indietro verso modi più maoisti/marxisti di fare le cose. L’assenza di una comunicazione chiara da parte della leadership sulle motivazioni dietro le loro azioni e sulla direzione in cui sono diretti sta portando a maggiori speculazioni immaginarie di quanto ci sarebbe se ci fosse una comunicazione più chiara. L’ostacolo è che comunicare in modo più diretto non è il modo tradizionale di fare le cose della leadership cinese, il che, poiché la Cina ritorna verso modi più tradizionali di fare le cose, è comprensibile. La decisione del nuovo premier cinese Li Qiang di interrompere le conferenze stampa per la prima volta in 30 anni è coerente con il passaggio ad una minore chiarezza piuttosto che ad una maggiore chiarezza in questo momento di maggior rischio.

3. Il conflitto tra grandi potenze tra Cina e Stati Uniti sta avendo un grande effetto negativo. Ciò sta inducendo gli investitori e le imprese straniere e gli investitori e le imprese nazionali a voler diversificare o a lasciare la Cina e a temere di essere discriminati a livello globale per il loro atteggiamento amichevole nei confronti della Cina. Nel commercio e nei flussi di capitali si è sviluppato un gioco del gatto col topo che ha portato aziende e persone a trasferirsi in paesi neutrali e a cercare di apparire non cinesi o non simpatizzanti cinesi, tanto che i cinesi hanno problemi convincere altri paesi e aziende ad accettare la loro presenza e/o a investire in essi. Ad esempio, le imprese cinesi che creano società messicane ed esportano negli Stati Uniti per aggirare le tariffe sui beni cinesi stanno portando gli Stati Uniti a esplorare la possibilità di esaminare le entità per identificare i proprietari effettivi per catturare e punire queste entità. Il gioco di ricerca dell’identità di TikTok è l’esempio che attira maggiormente l’attenzione. Anche nelle industrie e nei mercati mondiali in cui la Cina è diventata molto competitiva – in particolare i veicoli elettrici, le batterie, i prodotti di energia verde (solare ed eolica), i chip, l’intelligenza artificiale, l’informatica quantistica, lo spazio, ecc. – ci sono conflitti geopolitici che si fondono con conflitti economici, per cui sono sempre più gestiti dai governi. I vecchi tempi, non molto lontani, dei mercati liberi e aperti e l’idea che l’interferenza del governo in essi fosse negativa sono finiti nel prossimo futuro. Ciò influenzerà la Cina perché ha una capacità in eccesso e sarà accusata di dumping, portando a grandi aumenti tariffari mentre il protezionismo e il nazionalismo torneranno di moda come negli anni ’30. Il modello economico cinese si basa sull’acquisizione di una quota crescente della produzione manifatturiera mondiale, cosa che ha buone probabilità di non verificarsi perché i paesi che in passato hanno importato beni cinesi hanno maggiori probabilità di impedirli con l’aumento delle tariffe.

Oltre agli scontri economici con l’Occidente, ci sono scontri culturali. Mi sono stati descritti da un leader cinese come ignoranza culturale reciproca con cambiamento evolutivo. Ha spiegato che 1) la cultura anglo-europea estesa dal passaggio di dominio della Gran Bretagna agli Stati Uniti sta avendo problemi ad accettare l’ascesa della Cina e della sua cultura sino-asiatica, 2) ci sono entrambe le parti incapaci di comprendere e accettare i diversi approcci , e 3) La cultura occidentale è più a somma zero che vantaggiosa per tutti e più incline a scivolare in guerre perse-perdenti. Sono d’accordo con la sua valutazione e la trovo tragica. È certamente vero che i cinesi combattono le guerre in modo diverso. Pensa all ‘”arte della guerra”: combattere per vincere concentrandosi sui “punti di pressione” che possono indebolire o ferire l’altra parte senza nemmeno essere visti. Ad esempio, se si ipotizzasse come i cinesi potrebbero gestire la situazione geopolitica esistente se il conflitto aumentasse, perché gli Stati Uniti sono sovraesposti in due guerre, i cinesi potrebbero pensare a dove potrebbe esserci un terzo fronte, come una guerra in Asia, qualcosa come un conflitto con le Filippine o la Corea del Nord, che metterebbe le due parti nelle elezioni americane nella scomoda posizione di dover intervenire in un terzo conflitto (che sarebbe impopolare negli Stati Uniti) o di non apparire abbastanza forti. Quasi tutti i leader di entrambe le parti credono che l’altra parte stia lavorando per distruggere l’altra e stia lavorando per poter distruggere l’altra. Sono in un dilemma del prigioniero sempre più intenso. Per essere chiari, non credo che nessuna delle due parti voglia provocare l’altra, e credo che siano necessari una maggiore comprensione e rispetto per la cultura dell’altro. Ma soprattutto, ciascuno dovrebbe chiedere all’altro: “Quali sono le tue più grandi paure esistenziali?” e lavorare con l’altra parte per capire cosa si può fare per alleviarli. Senza questo, le probabilità di una sorta di guerra devastante nei prossimi 10 anni sono alte e le persone si stanno posizionando con questa possibilità in mente, il che di per sé è molto dannoso.

4. Il clima e le questioni ad esso legate sono grandi, minacciosi e prioritari. Si va dal verificarsi di siccità, inondazioni e pandemie alla mancanza di acqua pulita a sufficienza. Probabilmente costeranno molto e faranno molto male.

5. Sebbene lo sviluppo tecnologico sia sempre stato una forza determinante e sebbene sia risaputo che chiunque vince la guerra tecnologica vince le guerre economiche, geopolitiche e militari, questo non è mai stato più vero di adesso, e la Cina e gli Stati Uniti sono i leader e grandi avversari. Nel corso della storia della guerra, il percorso desiderato è stato quello di costruire segretamente la tecnologia che fosse sufficientemente potente da poter essere mostrata all’opposizione e far sì che quest’ultima diventasse sottomessa. Guarda il film Oppenheimer per un ripasso. Questo sta certamente succedendo. Ci sono molte tecnologie in cui sia la Cina che gli Stati Uniti stanno investendo enormi quantità di talento e risorse utilizzando i loro diversi approcci, uno più dall’alto verso il basso, diretto dal governo e uno più dal basso verso l’alto, aziendale/capitalista, alcuni dei quali conosciamo (ad esempio, chip, intelligenza artificiale, informatica quantistica, spazio, cyber, batterie, energia pulita, veicoli elettrici, robotica, ecc.), in alcuni dei quali la Cina è in testa, e in altri gli Stati Uniti sono in testa , e per nessuno dei quali possiamo anticipare esattamente come accadrà in futuro. Non mi dilungherò nell’esaminare questi aspetti perché richiederebbe troppo tempo, e ora è il momento di fare un passo indietro per guardare al quadro generale.

Per le ragioni sopra descritte è comprensibile il motivo per cui il presidente Xi ritiene che all’orizzonte ci sia una tempesta che durerà 100 anni. Questa valutazione mi sembra giusta. Allo stesso tempo, non sono sicuro di niente altro che del fatto che sto cercando di essere il più obiettivo e utile possibile per favorire la comprensione. La Cina è un enigma che sto cercando di rendere meno enigmatico. Sono stato molto fortunato a vedere da vicino per quasi 40 anni ciò che è accaduto in Cina, negli Stati Uniti e nelle relazioni Cina-USA, tutti temi a cui tengo profondamente. E ho trovato tutto estremamente interessante e importante da guardare. Sembra che tutti siamo stati colpiti dalla presunta maledizione cinese “Che tu possa vivere in tempi interessanti”.

Da quando ho pubblicato questo articolo, molte persone mi hanno chiesto cosa penso dell’investimento in Cina. Trovo che gli asset cinesi di alta qualità abbiano prezzi molto interessanti e ho investito molto bene lì. Ho anche un grande affetto e rispetto per il popolo e la cultura cinese. Per questi motivi, rimango impegnato nel mio lavoro significativo, nelle relazioni significative e negli investimenti lì, e nel cercare di migliorare la comprensione reciproca attraverso la mia radicale sincerità.

Ray Dalio, imprenditore macro globale e fondatore di Bridgewater Associates, il più grande hedge fund del mondo

La frontiera digitale del dissenso

fonte

Nel pieno del periodo pandemico, il mondo intero ha intrapreso la corsa alla digitalizzazione nel tentativo di sopperire a quelle necessità economico-strategiche che le quarantene avevano creato. L’avanzata di tutto ciò che si lega a internet si è inevitabilmente accompagnata al contrappasso di una crescita esponenziale del cybercrimine. Non tutta l’illegalità nasce però per nuocere. All’interno della macrocategoria dell’illecito esiste ormai da anni una devianza tradizionalmente affiancata a connotazioni positive, quella dell’uso illecito di strumenti digitali al fine di sostenere una causa di natura socio-politica, l’hacktivismo. Neologismo sincratico che fonde assieme i termini “hack” e “attivismo”, l’hacktivismo si muove nella maggior parte dei casi all’interno di un’area grigia dello spettro etico e morale, ancorandosi a una lettura valoriale che dipende integralmente dalla prospettiva adottata dall’osservatore. Dopotutto, le attività degli hacktivisti rappresentano nella quasi totalità dei casi una forma di disobbedienza civile che, in base alle linee di condotta dei singoli establishment, può essere accolta tanto come una forma costruttiva di partecipazione pubblica, quanto come un tentativo di distruggere la macchina istituzionale. Promozione della libertà di informazione, denuncia delle corruzioni, lotta per i diritti umani o per la tutela dell’ambiente sono tutti temi particolarmente cari a coloro a cui viene attribuita l’etichetta di hacktivista, tuttavia queste lotte possono assumere forme considerate eccessivamente distruttive, soprattutto quando vanno a toccare interessi di realpolitik. Sotto molti aspetti, il dissenso mosso in chiave cibernetica si carica della stessa ambiguità solitamente attribuita al termine “terrorismo”: non esiste un consenso generale della sua definizione, ma l’etichetta di cybercriminale viene spesso scomodata dai governi al fine di fomentare dibattiti dall’alto potere emotivo.

Hacktivismo, criminalità e cappelli colorati

[La maschera di Guy Fawkes utilizzata dal gruppo Anonymous.]

All’inizio degli anni Duemila, l’FBI sosteneva che i terroristi più attivi sul territorio statunitense fossero i componenti dell’Animal Liberation Front e dell’Earth Liberation Front, gruppi ben lontani dal concetto odierno di terrorista e che erano visti da alcuni come paladini della resistenza diretta. Come fu all’epoca per gli ecoterroristi, la tollerabilità e la legalità dell’hacktivismo sono oggi motivo di un acceso dibattito pubblico. I soggetti direttamente coinvolti e i loro sostenitori dichiarano che il loro moto ribelle sia necessario a tutelare i valori di giustizia, tuttavia i detrattori ribattono che le loro azioni minano lo stato di diritto e possono generare conseguenze nefaste, per quanto non intenzionali. I governi di tutto il mondo hanno risposto al fenomeno promulgando leggi per combattere il crimine informatico e rafforzare le misure di difesa, una reazione che solleva interrogativi sulla bilancia tra i diritti individuali e la sicurezza collettiva.

L’indole plurivoca del contesto viene dunque enfatizzata dal fatto che un governo possa arrivare a tollerare, se non addirittura sostenere, le azioni di un gruppo hacker qualora queste si concentrino sui suoi avversari politici. Viceversa, può voler punire severamente tutti coloro che mettono alla luce gli orrori che la classe dirigenziale preferirebbe invece nascondere. Nel tentativo di fornire coordinate etiche alla pratica dell’hacktivismo, è facile incorrere in una terminologia che fa riferimento a cappelli colorati per identificare la bontà dei cybercriminali. Nel discorso pubblico si stanno infatti facendo largo le definizioni di white hat e black hat, formule colloquiali che attingono a un immaginario cinematografico western in cui la fibra morale dei pistoleri veniva identificata dall’abbigliamento che vestivano. A grandi linee, quindi, i cappelli bianchi rappresenterebbero gli hacker corretti, mentre i neri tenderebbero ad agire per un tornaconto di natura speculativa. Questa ipersemplificazione si apre però a fraintendimenti. Non solo esistono più cappelli quanto non sia immediatamente evidente, ma l’approccio hacktivista si muove spesso in parallelo a questa catalogazione. Se è vero che un team di black hat adopera spesso mezzi illegali al fine di ottenere un riscatto, non è detto che la sua richiesta non sia motivata da uno stimolo morale. Lo dimostra il caso dei Cyber Partisans, i quali si sono infiltrati a inizio 2022 nei server del sistema ferroviario della Bielorussia al fine di bloccare l’ingresso delle truppe russe dirette in Ucraina e di domandare la liberazione di alcuni prigionieri politici.

La storia dell’hacktivismo è radicata nell’ambiguità

[Il gruppo hacker marxista RedHack.]

Il codice di condotta del mondo hacker proposto nel 1984 da Steven Levy ha evidenziato immediatamente una dissonanza tra l’etica hacktivista e gli interessi dello Stato. Nel secondo capitolo del suo HackersGli eroi della rivoluzione informatica, Levy evidenzia infatti sei punti dogmatici che sin da subito adottano un tono antagonista: l’accesso all’informatica dev’essere assoluto e universale, le informazioni devono essere gratuite, la sfiducia dell’autorità spinge alla decentralizzazione, la struttura gerarchica dell’hacking dev’essere meritocratica, la programmazione è in grado di diventare arte, i computer possono cambiare la vita per il meglio. Secondo questo codice, il mondo hacker ha rivelato sin dai suoi primi passi una forma di incompatibilità con la vena neoliberista diffusasi in Occidente, ancor più con la forma di digitalizzazione che viene promossa dalla Silicon Valley. Nonostante l’ethos hacker contenga già al suo interno l’animo attivista, il concetto di hacktivismo in senso stretto inizia a prendere forma a partire dalla metà degli anni Novanta grazie alla popolarizzazione, seppur di nicchia, di gruppi quali Cult of the Dead Cow (cDc), Legion of Doom (LOD) e Electronic Disturbance Theater (EDT), i quali si sono impegnati in proteste digitali e azioni cibernetiche al fine di sensibilizzare il popolo del web su questioni politiche di varia natura. Inizialmente, questa forma di attivismo cibernetico replicava sotto molti aspetti le forme d’azione diretta di stampo tradizionale: il netstrike replicava i cortei, il cybersquatting l’occupazione, mentre le e-zine e le e-mail assumevano rispettivamente il ruolo di fanzine e volantinaggio. La lettura socio-culturale dell’hacktivismo ha iniziato ad assumere una prospettiva di aggressiva militanza a cavallo degli anni Duemila, ovvero quando i governi hanno preso ad adottare una linea estremamente severa nei confronti del cybercrimine.

Nel 2000, il Terrorism Act del Regno Unito ha esteso la definizione di terrorismo al fine di integrare nel lessico “l’interferenza o il grave danneggiamento dei sistemi elettronici”, mentre l’US Patriot Act e il Cyber Security Enhancement Act statunitense del 2002 hanno esteso il periodo di carcerazione degli hacker fino a prevederne l’ergastolo. La comunità hacktivista e le organizzazioni per la tutela dei diritti umani hanno lamentato a gran voce che l’accomunare penalmente l’attività hacker alla minaccia della vita umana rappresenti una perversione di natura politica, tuttavia questa osservazione non è riuscita ad alterare l’opinione consolidatasi all’interno dei ranghi della classe dirigente. Sempre all’inizio degli anni Duemila è dunque emerso anche il collettivo Anonymous, movimento caratterizzato dalla sua iconica maschera di Guy Fawkes che è diventato sinonimo stesso di hacktivismo. Tuttavia, neppure la sua forte caratura iconografica si è dimostrata sufficiente a rappresentare un valore unificante e dalla sua comunità si sono distaccati diversi membri che nel 2011 hanno a loro volta formato un gruppo parallelo, Lulz Security (LulzSec).

I mille volti dell’hacktivismo

Le pratiche e le modalità dell’hacktivismo non sono monolitiche, non seguono approcci ben definiti. Gli hacker possono agire in gruppi organizzati, in solitaria o in sciami che perseguono obiettivi comuni, ma che non si riconoscono in una struttura consolidata. Le strategie adottate da alcuni possono inoltre essere invece ideologicamente disprezzate da altri. Si veda per esempio il lancio di attacchi di negazione del servizio (DDoS), i quali rappresentano una strategia di disturbo relativamente semplice da portare a termine, ma che i più ortodossi percepiscono come una violazione della libertà d’informazione. John Perry Barlow, cofondatore dell’Electronic Frontier Foundation (EFF), arrivò addirittura a definirli il «gas velenoso del cyberspazio». Non è detto che l’hacktivismo parta da un progetto specifico: non è insolito che gli hacker incappino in fragilità di sistema di server malamente protetti e decidano di penetrarvi mossi più da noia e desiderio di sfida che da una consapevole strategia tattica. È il caso della svizzera maia arson crimew, al secolo Till Kottmann, la quale nel 2023 è incappata fortuitamente nella No Fly List statunitense grazie a una deficienza gestionale di una compagnia aerea locale, CommuteAir. Il suo piano iniziale non era quello di trovare documentazione governativa, ha semplicemente seguito una pista improvvisata, incappando casualmente in un archivio che ha suscitato il suo interesse. Il gusto ludico del violare un sistema informatico si ibrida d’altronde con il desiderio di contrastare una serie di valori considerati avversari. Ecco dunque che gli inglesi di Virtual Monkey Wrench sono riusciti nel 2001 a rubare le informazioni confidenziali dei partecipanti del World Economic Forum di Davos, mentre lo stesso anno gli italiani di Mentor e Reservoir Dogs erano stati in grado di ottenere l’accesso agli archivi della NASA e dell’esercito USA. In un simile contesto, alcuni governi hanno finito con l’interpretare questa dissidenza digitale come una forma di crimine contro lo Stato. Nel 2012 il gruppo hacker marxista RedHack ha messo le mani su di una quantità considerevole di dati confidenziali carpiti dalla polizia e dalle istituzioni turche, un bottino che ha portato Ankara a processare i sospetti accusandoli di far parte di un’organizzazione terrorista.

L’attivismo da tastiera non si limita però alla raccolta e divulgazione di informazioni. Nel 2012 aveva fatto clamore la strategia del gruppo anti oppressione Cutting Sword of Justice, il quale aveva sabotato i sistemi informatici delle più importanti aziende petrolifere saudite in maniera tanto feroce che più parti furono pronte a sostenere che il team di hacktivisti non fosse altro che il braccio armato cibernetico dell’Iran. La percezione della valenza terroristica di simili azioni è però fortemente dipendente dall’identità delle entità danneggiate: tra il 2019 e il 2021 i cybercriminali di Indra sono stati acclamati per aver sabotato i sistemi di trasporto di Siria e Iran, regimi notoriamente poco cari ai Paesi NATO.

Il ruolo dell’hacktivismo all’interno della società

Non è detto che gli hacker siano dotati dei mezzi e delle risorse necessari a compiere la verifica dei dati che loro stessi hanno trafugato. Spesso si tratta di centinaia, se non migliaia, di pagine di documenti grezzi, privi di coordinate interpretative o pregni di un linguaggio fittamente burocratese. Anche la possibilità di comunicare al mondo quanto hanno scoperto è gravata da tutta una serie di complicazioni logistiche che ne fiacca la portata d’azione. Per questa serie di motivi, l’hacktivismo tende a muoversi al fianco a quel genere di realtà editoriali divenute celebre per aver dato voce a gole profonde di grande impatto, in primis WikiLeaks e The Intercept. Gli insider si dimostrano ancora oggi una fonte di informazioni più completa e consapevole di quella offerta dal mondo dell’hacking, tuttavia l’evoluzione del panorama digitale sta progressivamente sfocando la linea di confine tra le due categorie. Ora più che mai, aziende private e agenzie governative si appoggiano infatti a entità esterne per sviluppare software, gestire operazioni e risolvere problemi tecnici. Si tratta di una soluzione economica che spesso fa riferimento a realtà straniere, ma che finisce anche con l’aprire i sistemi delle aziende a molte vulnerabilità, nonché a eliminare certi ruoli di supervisione in favore di manodopera puramente esecutiva. Complice la granulosità del mercato del lavoro contemporaneo e la fragilità dei sistemi di sicurezza informatizzati, l’hacktivismo sta crescentemente maturando un’influenza profonda su vari aspetti della società contemporanea, contribuendo a esporre la corruzione, promuovere la trasparenza e amplificare le voci delle comunità emarginate. Le azioni degli hacktivisti hanno portato alla consapevolezza pubblica e al dibattito su questioni cruciali, costringendo governi e aziende a farsi carico degli orrori che avrebbero altrimenti preferito mantenere segreti. Allo stesso tempo, l’esplosione della digitalizzazione e l’avvento della cyberguerra stanno rendendo ancora più complessa la distinzione tra hacktivismo e cybercrimine, con il risultato che diversi tra governi e hacker sembrano condividere l’idea che il mondo dell’informatica e delle istituzioni sovranazionali debbano iniziare a concordare un nuovo set di regole deontologiche, se non addirittura normative.

In questo senso, nei casi più estremi, l’hacktivismo potrebbe presto essere incluso tra le entità giudicabili dalla Corte Penale Internazionale, così che un’agenzia comunemente considerata super-partes possa finalmente esprimere giudizi che non siano gravati da ascendenti politico-economici. Almeno sulla carta.

[di Walter Ferri]

La giornata mondiale della poesia

21 marzo Giornata mondiale della poesia

Alda Merini

alcune poesie da Vuoto d’amore e Confusione di stelle

La cosa più superba è la notte quando cadono gli ultimi spaventi e l’anima si getta all’avventura. Lui tace nel tuo grembo come riassorbito dal sangue che finalmente si colora di Dio e tu preghi che taccia per sempre per non sentirlo come un rigoglio fisso fin dentro le pareti.

Liberatemi il cuore da questa assurda stagione d’amore piena di segreti ricordi. La sua bellezza come un sandalo d’oro
mi ha colpito la fronte
in cima ai miei pensieri.
La sua bellezza, unica al mondo possibile,
e il suo giovane cuore
buttato tra le siepi delle mie povere cose
mi hanno donato la speranza del fiore.
Lui stesso è un fiore, madre,
un fiore di giovinezza,
il fiore del gaudio e del dominio,
il fiore della mia lenta stagione.
Lui stesso è zolla, madre,
ma le zolle vogliono essere fecondate
e io non ho semi.

Come l’Europa cristiana creò l’odio verso gli ebrei nel Medioevo

imamgine medievale antisemita

 L’immaginario legato all’odio nei confronti della comunità ebraica non conosce praticamente limiti: copertina del pamphlet antisemita “Der Juden Ehrbarkeit” (“La rispettabilità degli ebrei”) del 1571.  archive.org 

Serie Antisemitismo in Svizzera, Episodio 1:

La pandemia di Covid-19 ha evidenziato una volta di più che quasi tutte le teorie complottiste considerano la comunità ebraica responsabile dei mali di questo mondo. All’origine ci sono menzogne risalenti all’Europa medievale. 

Questo contenuto è stato pubblicato al 14 agosto 2022 – 11:00 

12 minuti 

David Eugster 

Altre lingue: 9 

Sono pochissime le storie raccapriccianti che hanno avuto lo stesso successo di quella che vede la comunità ebraica alla testa di una cospirazione planetaria. Racconti tutt’oggi diffusi e presenti più che mai nelle chat di tutto il mondo: all’origine di ogni problema – così si narra – ci sono ebrei con una grande abilità nel gestire il denaro.

Versioni più radicali dipingono gli ebrei come mostri animaleschi, all’immagine dell’opera presentata recentemente alla documenta di Kassel, in Germania, una delle più importanti manifestazioni internazionali di arte contemporanea. Negli ultimi due anni, in rete è circolata anche la teoria secondo cui all’origine della pandemia di Covid-19 ci sono persone di religione ebraica.

I racconti che hanno alimentato l’odio verso gli ebrei nell’ultimo millennio sono nati nell’Europa dell’Alto Medioevo. Hanno portato alla persecuzione e allo sterminio di moltissime persone, anche in Svizzera.

L’esclusione degli ebrei

All’inizio, il cristianesimo è una piccola setta del giudaismo. La differenziazione è quindi di fondamentale importanza e le tensioni tra i due gruppi sono inevitabili. Subito dopo l’affermazione del cristianesimo in Europa, il popolo ebraico è accusato di essere responsabile della morte di Gesù. Gli ebrei vengono marginalizzati e demonizzati. Tuttavia, ci vorranno più di mille anni prima che l’odio e la violenza nei confronti degli ebrei diventino una realtà quotidiana in Europa.

La situazione cambia con le prime crociate intorno all’anno 1100: orde di fanatici religiosi di tutte le classi sociali, spinti da un desiderio di redenzione, si mettono in moto per uccidere le popolazioni pagane in Oriente e liberare la sacra Gerusalemme. Ai loro occhi, è logico combattere i nemici di Cristo già in patria: gli ebrei sono tormentati e devono scegliere se venire battezzati o morire.

Le persecuzioni durante le crociate rendono la comunità ebraica più vulnerabile. Molte professioni sono vietate agli ebrei, i quali non possono nemmeno fare parte di corporazioni. Le autorità medievali spingono così gli ebrei verso le attività creditizie, proscritte ai cristiani. Alla fine dell’XI secolo, il Papa permette esplicitamente agli ebrei di chiedere degli interessi, mentre per i cristiani questo era considerato un peccato. Un regalo avvelenato.

Nel XIII secolo, l’esclusione degli ebrei diventa un dogma ecclesiastico. Nel 1213, Papa Innocenzo III, un ambizioso esperto di diritto canonico, convoca il Concilio Lateranense IV. Circa 1’500 emissari provenienti da tutte le province si recano a Roma per discutere per mesi le questioni centrali della Chiesa cattolica. Ad esempio, la necessità delle crociate e il modo di trattare i gruppi eretici quali i Valdesi.

Diverse discussioni concernono la vita della comunità ebraica, direttamente e indirettamente. Il concilio decide in particolare di obbligare gli ebrei a indossare dei segni di riconoscimento nella vita di tutti i giorni per distinguersi dai cristiani, stigmatizzandoli così alla stregua di altri gruppi emarginati dell’epoca: prostitute, mendicanti e lebbrosi.

Inoltre, il clero condanna ancor più fermamente la riscossione di interessi, ben sapendo che tale pratica era stata esplicitamente consentita agli ebrei e solo pochi decenni prima.

raffigurazione antisemita
 Raffigurazione del presunto omicidio rituale del giovane Rodolfo a Berna nella cronaca illustrata svizzera di Diebold Schilling: gli ebrei sono facilmente riconoscibili per i copricapo a punta che erano obbligati a indossare all’epoca. Diebold Schilling, Amtliche Berner Chronik 

La menzogna dell’omicidio rituale

Per molto tempo, gli interessi economici delle persone debitrici degli ebrei sono poco evocati, mentre le sofferenze inflitte agli ebrei sono ampiamente spiegate e giustificate con motivi religiosi. Al Concilio Lateranense IV, le discussioni sul rituale della messa hanno conseguenze indirette per la comunità ebraica: l’ostia che rappresenta il corpo di Gesù e il vino servito durante la messa entrano nell’ortodossia cattolica. Questo significa che la Passione del Cristo svolge un ruolo sempre più centrale in seno alla Chiesa.

Sulla scia di questi cambiamenti, nell’XI secolo si sviluppa la teoria cospirativa secondo cui gli ebrei sacrificherebbero dei bambini cristiani. La leggenda si diffonde prima in Inghilterra, poi in Francia. Nel 1294, il giovane Rodolfo è ritrovato morto a Berna. La sua morte è immediatamente imputata alla comunità ebraica locale. Sebbene le autorità non credano alla teoria dell’omicidio rituale, tutti gli ebrei sono espulsi dalla città. Rodolfo di Berna viene considerato un martire: fino alla Riforma, le sue ossa sono conservate nell’altare della cattedrale di Berna, prima di essere trasferite in una tomba su cui è annotato che il giovane è stato ucciso da ebrei. L’intera vicenda è stata rimessa in discussione soltanto nel XIX secolo, dal vescovo di Basilea.

Ancora oggi, l’espulsione degli ebrei nel 1294 continua a perseguitare la città di Berna. Si discute infatti se l’iconica “Kinderfresserbrunnen” (la fontana del mangiatore di bambini) sia un riferimento all’omicidio di Rodolfo e alla persecuzione della popolazione ebraica. L’orco che si nutre di bambini indossa infatti un vistoso copricapo che secondo le voci critiche ricorda il cappello giallo a punta che gli ebrei dovevano indossare come segno distintivo nel XIII secolo.

All’inizio della teoria del sacrificio rituale, la sofferenza dei bambini è paragonata alla Passione del Cristo. Si afferma che gli ebrei riproducono il loro peccato inchiodando sulla croce dei giovani cristiani. Col diffondersi della leggenda in Europa, la presunta follia omicida degli ebrei è sempre più attribuita alla loro sete di sangue. Gli ebrei hanno bisogno del sangue per preparare la matzah – il pane azzimo consumato durante la Pasqua ebraica – o per altri riti segreti.

manifestanti
 La leggenda dell’omicidio rituale è stata riportata in auge: una teoria complottista sostiene che una certa “élite hollywoodiana” utilizza il sangue dei bambini per ottenere l’adrenocromo, una sostanza dalle presunte proprietà ringiovanenti.  Keystone / Christian Monterrosa 

La menzogna dell’avvelenamento delle fontane

È a quest’epoca che cambia la rappresentazione degli ebrei nell’arte, secondo la storica dell’arte Sara LiptonCollegamento esterno. Gli ebrei si distinguono ormai dai cristiani. Nelle illustrazioni della Passione del Cristo, indossano i nuovi segni distintivi che sono stati loro imposti: dei cappelli o degli anelli gialli, il colore associato all’avarizia, all’invidia e alla superbia. Anche i loro volti sono raffigurati in modo diverso: gli ebrei cominciano a essere disegnati con il naso adunco, all’immagine di Satana.

raffigurazione del diavolo
 Il naso ricurvo del diavolo simboleggia, con la sua bruttezza, la malvagità meschina del personaggio.  British Library Board /Arundel 157 f.5v 

Progressivamente, l’odio verso la comunità ebraica si stacca dalle spiegazioni teologiche. Alla fine del XIV secolo, quando la peste si sta propagando in Europa, inizia a circolare un’altra menzogna: gli ebrei sono accusati di aver avvelenato i pozzi al fine di diffondere la “morte nera”. Ne consegue un’ondata di persecuzione e di sterminio che si abbatte sulla comunità ebraica.

Nel 1348, un medico ebreo di Losanna afferma sotto tortura che degli ebrei hanno fomentato un complotto fabbricando un veleno e distribuendolo alla diaspora ebraica con l’ordine di avvelenare i pozzi locali. Le autorità inviano una copia di questa “confessione” a Friburgo, Berna e Strasburgo, da dove si propaga in tutto l’Impero tedesco. Le città condividono le loro esperienze in materia di espulsioni e stermini. Laddove giunge la notizia della “confessione”, la comunità ebraica è oggetto di perquisizioni, torture e persecuzioni. Nel 1348, le città svizzere di Berna, Burgdorf, Soletta, Sciaffusa, Zurigo, San Gallo e Rheinfelden espellono o sterminano tutte le loro popolazioni ebraiche.

meme antisemita
 All’inizio del 2020, su Internet sono circolati rapidamente dei meme che accusavano gli ebrei di essere all’origine della pandemia di coronavirus. Al contrario, questo meme denuncia le vignette antisemite e il tentativo di incolpare la comunità ebraica per la Covid-19.  ADL 

Nel 1349, le città consigliano ai comuni ancora reticenti quali Aarau e Winterthur di giustiziare la comunità ebraica, cosa che poi fanno. A Basilea, le autorità – che fino a un anno prima non avevano esitato a espellere le persone che avevano vandalizzato il cimitero ebraico – decidono di allontanare tutti gli ebrei residenti in città e di bruciarne un centinaio in una casa di legno appositamente costruita su un’isola del Reno.

La menzogna dell’ebreo ricco

Intorno al 1400, si comincia a fare un legame esplicito tra le persecuzioni e il ruolo economico assegnato agli ebrei dall’inizio del millennio. Il cronista di Strasburgo Fritzsche Closener rileva che il fatto di potersi sbarazzare dei propri debiti espellendo i creditori ebrei rappresenta il veleno che è stato fatale a questa comunità.

Dopo i pogrom legati alla peste, le comunità ebraiche si reinsediano lentamente nelle città di tutta Europa. Le disposizioni discriminatorie della Chiesa sulla segregazione sono però ora applicate con maggior rigore: a Zurigo, le prostitute che offrono i loro servizi agli ebrei sono bandite e le donne che hanno relazioni intime con loro sono umiliate pubblicamente e costrette a indossare un cappello a punta. I cristiani sopresi a ballare e festeggiare con gli ebrei vengono puniti. A Basilea, agli ebrei non è più permesso toccare gli alimenti al mercato. A Ginevra, sono obbligati a vivere in un ghetto che dalla fine del XV secolo devono condividere con le prostitute.

A causa delle espulsioni e dei rimborsi arbitrari dei debiti, il patrimonio di molti creditori ebrei si riduce drasticamente nel corso del XIV secolo. Le regole sono allentate e numerosi concorrenti cristiani si lanciano nell’attività. Gli ebrei sono spinti verso il settore del banco dei pegni, considerato particolarmente riprovevole perché le persone debitrici perdevano case e terreni.

meme antisemita
 Il meme antisemita “Happy Merchant” sta circolando in tutte le possibili versioni su Internet. Raffigura un uomo con il naso adunco che si sfrega le mani e viene utilizzato come simbolo per affermare che la comunità ebraica controlla il mondo e accresce costantemente la sua influenza. Questa versione si riferisce al vaccino contro la Covid-19.  ADL 

I nobili impoveriti attribuiscono il loro declino economico agli alti tassi di interesse applicati dagli ebrei, anche se questi ultimi rappresentano spesso l’ultima possibilità per procurarsi delle liquidità. La comunità ebraica diventa così il capro espiatorio di un cambiamento strutturale economico, dal potere feudale a un’economia dominata dal commercio urbano.

Il fatto di praticare l’usura diventa il motivo principale delle persecuzioni verso gli ebrei. La popolazione non ha più bisogno di loro. Le città di tutta Europa iniziano a espellere definitivamente le popolazioni ebraiche, anche se un medico o alcune famiglie hanno a volte il diritto di rimanere. Alla fine del XV secolo, gli ebrei sono espulsi dalle città anche in Svizzera. Fuggono verso est o si stabiliscono nelle regioni rurali.

Ma l’assenza degli ebrei non attenua l’odio nei loro confronti. Ogni anno, durante le rappresentazioni della Passione del Cristo, appaiono delle figure diaboliche simboleggianti il popolo ebraico e la leggenda dell’ebreo ossessionato dal denaro e assetato di sangue continua a svilupparsi.

vignetta antisemita
 La figura antisemita dell’ebreo assetato di sangue viene qui utilizzata per criticare le moderne forme di commercio. Leon Barritt: The Commercial Vampire (1898).  wikicommons 

L’antisemitismo non si esaurisce nemmeno con la Riforma: i discorsi ostili di Martin Lutero contro gli ebrei sono visti dagli storici come il punto di congiunzione tra l’odio per gli ebrei del Medioevo e quello dell’epoca moderna.

Gli ebrei sono considerati automaticamente dei malfattori economicamente dannosi e divinamente corrotti. L’odio nei loro confronti diventa folklore e i racconti paranoici sulla popolazione ebraica servono da passe-partout per superare periodi di rottura e fasi di incertezza.

L’antisemitismo moderno trae ispirazione da tutta questa odiosa narrazione sugli ebrei. Durante gli sconvolgimenti radicali provocati dall’industrializzazione nel XIX secolo, gli ebrei diventano ancora una volta il capro espiatorio dei cambiamenti sociali. L’odio per gli ebrei assume una connotazione biologica con lo sviluppo di teorie razziali, che si propagano in modo devastante nel mondo.

Traduzione dal tedesco: Luigi Jorio

Altri sviluppi

Antisemitische Karikatur eines Warenhausbesitzers

Altri sviluppi 

Rivolta “antiparassitaria”: attacchi antiebraici contro i centri commerciali svizzeri 

Questo contenuto è stato pubblicato al 04 set 2022   Negli anni Trenta, l’antisemitismo contro i grandi magazzini si intensificò e il Consiglio federale proibì lo sviluppo di centri commerciali.Di più Rivolta “antiparassitaria”: attacchi antiebraici contro i centri commerciali svizzeri 

Fonte

Di cosa parlano gli Italiani sui social? La scuola è un argomento caldo. “Spiati” sui social grazie alla IA

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Il calcio domina, era prevedibili con oltre 2,8 miliardi di interazioni, seguito da dibattiti politici, che hanno generato 1,6 miliardi di interazioni. Tra i temi caldi anche la scuola. I dati sono stati rivelati dal Rapporto annuale SocialData, un’innovativa indagine che svela le vere preoccupazioni della società italiana attraverso l’analisi delle conversazioni online.

Politica

La politica ha suscitato un ampio interesse, dimostrando che gli argomenti politici sono ancora molto rilevanti per gli italiani. La questione della sicurezza si è dimostrata altrettanto importante, con 9,6 milioni di contenuti web che hanno sollevato preoccupazioni legate alla criminalità, attirando 1,8 miliardi di interazioni. Tuttavia, temi come femminicidio, molestie e stalking hanno ricevuto meno attenzione rispetto a furti, rapine e aggressioni.

Preoccupazioni economiche

Nel campo del lavoro, gli italiani hanno mostrato una preoccupazione predominante per il valore degli stipendi, con 129 milioni di interazioni. Le questioni delle morti sul lavoro e della disoccupazione hanno ricevuto meno attenzione, indicando che le questioni economiche immediate sono di maggiore interesse per la popolazione.

Personaggi politici

Tra i politici più discussi, Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno guidato la classifica, seguiti da Elly Schlein e Giuseppe Conte. Meloni, in particolare, ha suscitato il maggior interesse, con oltre 253 milioni di interazioni.

Eventi

Un dato interessante emerso dal rapporto riguarda le figure pubbliche che ci hanno lasciato nel 2023. La morte di Silvio Berlusconi ha dominato la scena online, superando significativamente le menzioni di altri famosi decessi, incluso quello dell’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Dibattito sulla racvolta dati

Il Rapporto annuale SocialData che ha estrapolato i temi di discussione on-line per poi farli analizzare dall’IA. Paolo Mieli, riferendosi al metodo di raccolta, ha commentato così il sondaggio: “siamo di fronte ad un evento epocale: questo è il primo sondaggio fatto in Italia su quello di cui veramente parlano le persone. In cui le informazioni che raccogliamo sono disponibili in modo indiretto e non filtrato, senza che i soggetti sappiano di essere ‘intercettati’“.

Fonte

L’immersione nella vita

Dodecanneso, isola di Tilos (Piscopi)

36 gradi 24 primi N, 27 gradi 26 primi E. Giugno 1976

Monte Cuzzuva altezza circa 500 mt quasi a picco sul mare.

Isola di Tolos

Il blu intenso della profondità attira come una calamita. La roccia calcarea si immerge nel blu e la superficie immobile senza un filo di vento, luccica sotto il caldo sole di giugno. Il gommone ormeggiato con una cima ad uno spuntone a forma di pinnacolo, praticamente non si muove. I miei gesti sono meccanici, silenziosi, quasi maniacali. Infilo il corpetto della muta da 3mm. a mezza gamba, ed il cappuccio. Pulisco il vetro della maschera sputandoci dentro, nella migliore tradizione subacquea e lo sciacquo creando un minimo di movimento nell’acqua circostante. Indosso i piombi, tre kg, voglio essere leggero quando mi troverò in assetto negativo, pinne da profondità, afferro lo Sten e scivolo silenzioso lungo il tubolare. La temperatura dell’acqua è piacevole, il primo mezzo metro è quasi tiepida. Mi sposto dal gommone allontanandomi dallo strapiombo. Guardo verso il fondo che degrada velocemente. Forse dalla linea di marea tracciata sulla roccia la parete scende in verticale fino a una diecina di metri, poi degrada in obliquo verso il blu profondo. Puro cristallo di Boemia, la trasparenza è massima. Piccole famigliole di occhiate transitano a ridosso della roccia a cercare protezione, delle salpe saettano nell’acqua libera e si immergono quando mi avvicino. Ormai il fondo non si vede più. Alla base della scarpata, sui 15 mt. una cerniola in candela mi osserva con curiosità, pronta a intanarsi al minimo cenno di pericolo. Ho già iniziato l’ossigenazione da alcuni minuti, la testa comincia leggermente a girare, sto per arrivare al massimo dell’iperventilazione.

Sono completamente rilassato, respiro normalmente per ristabilire l’equilibrio. Svuoto la mente e con una capriola perfetta e silenziosa mi immergo con il braccio destro col fucile in linea con il resto del mio corpo. I miei occhi non guardano verso il fondo perchè la testa non è inclinata ma in posizione normale. Porto la mano sinistra al naso e comincio a compensare. 3, 6, 9 mt. un sibilo sottile e ristabilisco la pressione contro il timpano. La cerniola che avevo visto dalla superficie, si sposta di qualche metro e si avvicina alla sua tana osservandomi con curiosità.

Dò uno sguardo al profondimetro, sono sotto i 14 mt. infatti il mio corpo è diventato leggermente negativo e scivolo verso i 20 mt.. Mi sento bene, in forma perfetta, ogni molecola del mio corpo è attiva e vigile. Guardo verso il basso e il fondo non si vede. Scorgo sulla destra un roccione piatto e mi avvicino, sono sui 27 mt. Mi piazzo in orizzontale su questo sperone ed aspetto. Probabilmente il fondale sotto di me sarà sui 40 mt. Il mio sguardo penetra nel blu cobalto, alcune ombre sfuggenti mi fanno capire che i dentici si muovono ma restano lontani.

Ci sono dei momenti nella vita in cui il tempo si ferma! Tutta la vita passata, ti scorre davanti agli occhi come in un film. Vedi le belle cose, quelle brutte, quelle che avresti voluto non fare e quelle che invece hai fatto e di cui non vai fiero. Sono solo attimi ma sono profondi, perché ti mettono in contatto con il tuo essere, quello vero. In quei momenti la tua personalità, il tuo ego, spariscono, e sei finalmente in contatto con l’anima. È un viaggio  nei meandri reconditi della coscienza, quelli che solo a tratti nel corso delle tue giornate intravedi in alcuni pensieri o in alcune manifestazioni esteriori che riconducono alla tua parte più privata, più essenziale. In quei momenti stai bene, sei pulito, ti senti parte di un tutto, non sei più separato dall’albero vicino al quale stai passando o dal tuo cane che ti trotterella accanto. È un unico essere che li racchiude tutti e tu non esisti più in quanto essere separato ma solo perchè fai parte di un insieme. Così, mentre il tuo sguardo spazia nelle profondità marine nell’attesa che un guizzo argenteo si avvicini a tiro dello Sten, la mente si allarga e tu non sei più schiacciato da una colonna di 27 metri di acqua, che il tuo corpo per un miracolo della natura, bilancia perfettamente, con il cuore che provvede a pompare sangue nelle arterie  per compensare il peso che ti schiaccia. Anzi, sei leggero e ti sposti senza fatica roteando su te stesso per guardarti attorno nel caso che la preda stia per sorprenderti alle spalle. 

La vita è così. Una scintilla, un lampo che ti acceca per un istante e ti lascia come cieco per un pò, fino a quando le tue pupille si riabituano all’oscurità ed allora riprendi a vedere. Il punto è proprio questo: vedere. Ma che cosa vediamo? Probabilmente solo quello che vogliamo vedere, quindi una piccolissima parte dell’esistenza. Il resto è nascosto. L’apparenza , la Maya degli antichi, questo vediamo e percepiamo. I nostri sensi ne sono completamente annicchiliti. Bisogna vedere attraverso questa coltre con gli occhi della mente che sono il nostro organo di contatto con la realtà. Spesso durante la nostra giornata è proprio come se restassimo in apnea, e ci impedissimo di respirare. Ed è noto cosa succede quando l’ossigeno non arriva al cervello attraverso i polmoni, si muore. E così noi durante il corso della nostra esistenza, muoriamo, un pò alla volta, giorno dopo giorno. Ci accontentiamo di piccoli sorsi di aria che ci consentono di sopravvivere, non di vivere. L’iperventilazione profonda che si fa prima di una immersione consiste in diversi passaggi: il primo è il lavaggio degli strati profondi dei polmoni. Mi spiego meglio. Quando viviamo la nostra esistenza quotidiana e respiriamo normalmente, utilizziamo sono una piccola parte della capacità dei nostri polmoni, circa un terzo. I restanti due terzi immagazzinano di riflesso dell’aria che non è priva di co2. Quindi il primo passo è quello di svuotare i nostri polmoni completamente, ripulirli e quindi fare in modo che la loro capacità che varia da individuo ad individuo, possa essere riempita di aria pulita al 100%. Successivamente bisogna respirare a fondo per fare in modo che tutti i capillari presenti nei polmoni diventino saturi di ossigeno, la preziosa riserva che ci viene in aiuto nei momenti difficili della risalita quando conta persino il piccolo volume di aria contenuto nella maschera. Questa fase è la più lunga e laboriosa ed è quella che ci porta alla saturazione. L’ultima consiste nell’immagazzinamento nei polmoni di tutta la capacità disponibile di aria. Quindi finalmente inizia l’immersione con la capriola e la discesa. Questa esemplificazione ha a che vedere con la vita. Più ci ossigeniamo e più scendiamo nelle profondità del mare o dell’essere. Infatti anche nella nostra vita dobbiamo ripulire la coscienza da tutte le scorie che abbiamo immagazzinato nel corso degli anni. Ripulire la superficie della nostra coscienza da tutte le asperità che si sono create in seguito alle scelte sbagliate che abbiamo fatto, alle strade impervie che abbiamo risalito solo spinti magari dalla sete di guadagno, oppure dal desiderio di potere, tutte caratteristiche della nostra personalità, il nostro ego. Eppure la via maestra era lì, di fronte a noi, non avevamo che scegliere se farci trascinare o nuotare controcorrente. Nel primo caso ci si lascia andare, è più semplice che lottare, si fa meno fatica e i risultati sono immediati…li vediamo a pochi passi. Quando invece il tuo corpo entra nel flusso della corrente contraria, ogni singolo muscolo deve reagire e creare una forza che superi quella della corrente anche di pochissimo, per procedere e i risultati li vedremo solo quando cm dopo cm saremo giunti là dove non v’è più corrente nè turbinio ma solo pace e tranquillità. Ruyard Kipling nel suo bellissimo poema “If”, ha mirabilmente sintetizzato ciò che sto cercando di dire : if you can fill the unforgiving minute with sixty seconds’ worth of distance run, Yours is the Earth and everything that’s in it, and, wich is more, you ‘ll be a Man, my son!

Fabrizio

Benedetto XVI non ha avuto timore dei lupi

IL CONCLAVE DEL 2005… UNA DRAMMATICA LOTTA TRA IL COSIDDETTO “PARTITO DEL SALE DELLA TERRA ” E IL “GRUPPO DI SAN GALLO”, “UNA SPECIE DI MAFIA-CLUB”…

Nel conclave dell’aprile del 2005… Joseph Ratzinger, dopo una delle elezioni più brevi della storia della Chiesa, uscì eletto dopo solo quattro scrutini a seguito di una drammatica lotta tra il cosiddetto “Partito del sale della terra” (“Salt of Earth Party”) intorno ai cardinali López Trujíllo, Ruini, Herranz, Rouco Varela o Medina e il cosiddetto “Gruppo di San Gallo” intorno ai cardinali Danneels, Martini, Silvestrini o Murphy-O’Connor; gruppo che, di recente, lo stesso cardinal Danneels di Bruxelles in modo divertito ha definito come “una specie di mafia-club”.
L’elezione era certamente l’esito anche di uno scontro, la cui chiave quasi aveva fornito lo stesso Ratzinger da cardinale decano, nella storica omelia del 18 aprile 2005 in San Pietro; e precisamente lì dove a “una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie” aveva contrapposto un’altra misura: “il Figlio di Dio e vero uomo” come “la misura del vero umanesimo”.
Questa parte… oggi si legge quasi come un giallo mozzafiato di non troppo tempo fa; mentre invece la “dittatura del relativismo” da tempo si esprime in modo travolgente attraverso i molti canali dei nuovi mezzi di comunicazione che, nel 2005, a stento si potevano immaginare.

Già il nome che il nuovo papa si diede subito dopo la sua elezione rappresentava perciò un programma. Joseph Ratzinger non divenne Giovanni Paolo III, come forse molti si sarebbero augurati. Si riallacciò invece a Benedetto XV – l’inascoltato e sfortunato grande papa della pace degli anni terribili della Prima guerra mondiale – e a san Benedetto di Norcia, patriarca del monachesimo e patrono d’Europa. Potrei comparire come superteste per testimoniare come, negli anni precedenti, mai il cardinale Ratzinger aveva premuto per assurgere al più alto ufficio della Chiesa cattolica.

Già sognava invece vivamente una condizione che gli avrebbe permesso di scrivere in pace e tranquillità alcuni, ultimi libri. Tutti sanno che le cose andarono diversamente. Durante l’elezione, poi, nella Cappella Sistina fui testimone che visse l’elezione come un “vero shock” e provò “turbamento”, e che si sentì “come venire le vertigini” non appena capì che “la mannaia” dell’elezione sarebbe caduta su di lui. Non svelo qui alcun segreto perché fu Benedetto XVI stesso a confessare tutto questo pubblicamente in occasione della prima udienza concessa ai pellegrini venuti dalla Germania. E così non sorprende che fu Benedetto XVI il primo papa che subito dopo la sua elezione invitò i fedeli a pregare per lui…”

Georg Gänswein, 20 maggio 2016

La beffa dell’armistizio di Cassibile e le conseguenze che paghiamo ancora oggi

Per quasi due anni il nostro Paese verrà dilaniato da una guerra civile che si concluderà solo il 25 Aprile 1945 lasciando sul campo mezzo milione di morti e creando una “lacerazione politica” nel popolo italiano i cui effetti nefasti sono giunti sino ai giorni nostri.

Roma – L’8 Settembre 1943 è una data che resterà per sempre marchiata dall’infamia nella storia italiana. Il Gran Consiglio del Fascismo nella notte tra il 24 ed il 25 Lugliodello stesso anno aveva sfiduciato Benito Mussolini inducendo il Re Vittorio Emanuele III a sostituire il Duce con un uomo di sua fiducia, individuato nel Maresciallo Pietro Badoglio .

Pur cadendo il regime fascista l’Italia continuava la guerra al fianco della Germaniama segretamente i nostri diplomatici trattavano la pace con le Forze Alleate e il 3 Settembre veniva siglato l’armistizio a Cassibile, in provincia di Siracusa, che prevedeva però una clausola segreta in base alla quale sarebbe entrato in vigore esclusivamente dopo il suo annuncio pubblico.Il Re ed i suoi ministri in fuga da Roma giungono a Brindisi.

Iniziava così un gioco al rimpiattino tra il Governo italiano che voleva ritardare questo annuncio e il comando alleato che invece voleva rendere noto l’accordo al più presto. Alla fine il generale americano Dwight David Eisenhower  rompeva l’impasse e l’8 Settembre di settantasette anni fa, alle 17.30, trasmetteva il proclama in lingua inglese da Radio Algeri, seguito due ore dopo daBadoglio che annunciava la fine delle ostilità agli Italiani parlando dai microfoni dell’EIAR, che poi diventerà Rai.

Ed è in questo momento che assistiamo “alla morte della patria“: le autorità del “Bel Paese” sono completamente impreparate alla fine della guerra. Il nostro esercito in mancanza di ordini precisi si “sfalda” letteralmente abbandonato a sé stesso e le truppe tedesche ancora presenti nella penisola si impadroniscono facilmente di Roma e dell’Italia settentrionale.Benito Mussolini con Pietro Badoglio.

Possiamo ricordare episodi eroici come quello della Divisione Acqui comandata dal generale Gandini che nell’isola di Cefalonia, in Grecia, rifiutava di arrendersi ai Tedeschi e da questi veniva ignobilmente massacrata per salvare il proprio onore e quello dell’Italia. Il Re, invece, fuggiva precipitosamente dalla Capitale con il suo governo in direzione di Brindisi in Puglia dove erano già sbarcati gli Alleati che avevano liberato il territorio dai nazifascisti.

I fatti di 80 anni or sono

L’armistizio di Cassibile (detto anche armistizio corto) fu un atto della seconda guerra mondiale che prevedeva la resa incondizionata delle forze armate italiane alle forze alleate con il conseguente disimpegno italiano dall’Asse[1] e l’inizio di fatto della cobelligeranza tra Italia e Alleati in caso di reazione armata della Germania nazista.[2]Venne firmato il 3 settembre 1943 dai generali Giuseppe Castellano e Walter Bedell Smith e divenne pubblico l’8 settembre del 1943. L’annuncio dell’armistizio ebbe per conseguenza l’invasione dei territori italiani da parte delle forze armate tedesche e l’inizio della Resistenza e della guerra di liberazione italiana contro il nazifascismo.

La stipula ebbe luogo in Sicilia nella frazione siracusana di Cassibile, in contrada Santa Teresa Longarini[3][4][5] e rimase segreta per cinque giorni, nel rispetto di una clausola del patto che prevedeva che esso entrasse in vigore dal momento del suo annuncio pubblico. Il pomeriggio dell’8 settembre 1943 alle ore 17:30 (18:30 per l’Italia)[6], Radio Algeri trasmise il proclama in lingua inglese per bocca del generale statunitense Dwight Eisenhower. Solo alle 19:42 il popolo italiano venne informato della firma grazie al proclama del primo ministro Pietro Badoglio trasmesso dai microfoni dell’EIAR

La caduta del fascismo

Nella prima metà del 1943, in una situazione generale di grave preoccupazione, indotta dall’opinione, sempre più condivisa, che la guerra fosse ormai perduta e che stesse apportando insopportabili e gravissimi danni al Paese, Benito Mussolini, capo del governo, operò una serie di avvicendamenti, che investirono alcuni dei più significativi centri di potere e delle alte cariche dello Stato, rimuovendo, tra l’altro, alcuni personaggi che reputava ostili alla prosecuzione del conflitto accanto alla Germania, o comunque più fedeli al Re che non al regime fascista. Tra gli altri, furono rimossi Giuseppe Volpi, Presidente della Confindustria e membro del Gran Consiglio del FascismoGaleazzo Ciano, Ministro degli Esteri e genero del Duce, relegato a servire quale ambasciatore presso la Santa Sede, e il Ministro della Cultura Popolare Alessandro Pavolini, cui fu affidata la direzione del quotidiano “Il Messaggero“.

Secondo alcuni studiosi, fu a seguito di tali sostituzioni, finalizzate a rafforzare il regime in crisi di consenso, se non apertamente ostili al Quirinale (dal quale giungevano da tempo segnali critici occulti nei confronti del governo), che re Vittorio Emanuele III avrebbe rotto gli indugi e cominciato a progettare in via esecutiva un piano che consentisse la destituzione del Duce. Maria Josè di Savoia, moglie del principe ereditario Umberto, già ai primi di settembre del 1942 – un anno prima dell’armistizio dell’8 settembre 1943 – aveva avviato, tramite Guido Gonella, contatti con il Vaticano, nella persona di monsignor Giovanni Battista Montini, auspicando di potersi avvalere della diplomazia pontificia, e quindi dell’Incaricato d’Affari dell’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, l’ambasciatore Babuscio Rizzo, per fare da tramite e aprire un canale di comunicazione con gli Alleati anglo-americani (in particolare con l’Ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa SedeMyron C. Taylor) al fine di far uscire l’Italia dalla seconda guerra mondiale.

Per questo fu avvicinato Dino Grandi, uno dei gerarchi più intelligenti e prestigiosi dell’élite di comando, che in gioventù si era evidenziato come il solo vero potenziale antagonista di Mussolini all’interno del Partito Nazionale Fascista, e del quale si aveva motivo di sospettare che avesse di molto rivisto le sue idee sul regime. A Grandi, attraverso garbati e fidati mediatori fra i quali il conte d’Acquarone,Ministro della Real Casa, e lo stesso Pietro Badoglio, si prospettò l’opportunità di avvicendare il dittatore e si convenne che la stagione del fascismo originale, quello della “idea pura” dei Fasci di Combattimento, era finita e il regime si era irrimediabilmente annacquato in un qualunque sistema di gestione del potere, avendo perso ogni speranza di sopravvivere a sé stesso.

Grandi riuscì a coinvolgere nella fronda sia Giuseppe Bottai, altro importantissimo gerarcache sosteneva l’idea originaria e “sociale” del fascismo operando sui campi della cultura, sia Galeazzo Ciano, che oltre che ministro e altissimo gerarca anch’egli, era pure genero del Duce. Con essi diede vita all’Ordine del Giorno che avrebbe presentato alla riunione del Gran Consiglio del Fascismo il 25 luglio 1943 e che conteneva l’invito rivolto al Re a riprendere le redini della situazione politica. Mussolini fu arrestato e sostituito da Badoglio, anziché, come era stato sempre detto a Grandi, da Enrico Caviglia.

La nomina di Badoglio non significava una tregua, sebbene fosse un tassello della manovra sabauda per giungere alla pace. Attraverso un gran numero di espedienti, si cercò un produttivo contatto con le Potenze Alleate, cercando di ricostruire quei passaggi delle trattative (sempre indicate come spontanee e indipendenti) già intessute da Maria José, consorte di Umberto di Savoia, che potevano stavolta meritare l’avallo del Re.

Il generale Castellano fu inviato a Lisbona per incontrare gli inviati alleati, tuttavia, non poté attuare la missione con la speditezza che la drammaticità della situazione esigeva. Castellano, infatti, fu autorizzato a raggiungere il territorio neutrale soltanto in treno, e impiegò tre giorni per raggiungere Madrid e in seguito Lisbona. Castellano non parlava inglese e poté avvalersi come traduttore e assistente del console Franco Montanari (che lo accompagnò in seguito fino a Cassibile). Solo il 19 agosto conferì con i rappresentanti del Comando Alleato. Ripartì il giorno 23, giungendo finalmente a Roma il 27 agosto. La missione era durata quindici giorni. Nel frattempo, per affiancare l’inviato italiano, furono mandati a Lisbona in aereo il generale Rossi e il generale Zanussi, che si presentarono ai rappresentanti alleati appena ripartito Castellano per Roma. Questa scelta generò anche una certa perplessità tra gli Alleati; in particolare il generale Zanussi, già addetto militare a Berlino, non era ben visto dagli Alleati, peraltro confusi dall’invio di delegazioni così ravvicinate e senza coordinamento[8]. L’Ambasciatore britannico Ronald Campbell e i due generali inviati nella capitale portoghese dal generale Dwight David Eisenhower, lo statunitense Walter Bedell Smith e il britannico Kenneth Strong, ricevettero la disponibilità di Roma alla resa.[9]

Accettare la resa (rinunciando a conquistare militarmente l’Italia), divenne dunque la scelta più utile, per la quale spendere molte energie diplomatiche, sia da parte americana sia degli altri alleati.

Il 30 agosto, Badoglio convocò Castellano, rientrato il 27 da Lisbona con qualche prospettiva. Il generale comunicò la richiesta di un incontro in Sicilia, che era già stata conquistata. La proposta fu avanzata dagli Alleati per il tramite dell’Ambasciatore britannico in Vaticano, D’Arcy Osborne che collaborava a stretto contatto con il collega statunitense Myron Charles Taylor. Si è congetturato che la scelta proprio di quel diplomatico non fosse stata casuale, a significare che il Vaticano, già attraverso monsignor Montini ben immerso in trattative diplomatiche per il futuro post-bellico, e sospettato dal Quirinale di aver osteggiato la pace in trattative precedenti, stavolta avallasse, o almeno non intendesse ostacolare, il perseguimento di un simile obiettivo.

La scelta delle condizioni

Badoglio, che era convinto di poter negoziare la resa, quantunque si trattasse in realtà di una richiesta di cessazione delle ostilità, inviò Castellano come ambasciatore presso gli Alleati. Castellano fu incaricato di specificare una condizione: l’intervento alleato nella penisola. Badoglio decise addirittura di chiedere agli Alleati di conoscere quali fossero i loro piani, sebbene il conflitto fosse ancora in corso.

Tra le tante altre condizioni che furono richieste agli Alleati, solo quella di inviare 2.000 unità paracadutate su Roma per la difesa della Capitale fu accolta, anche perché in parte già prevista dai piani alleati (ma sarebbe stata poi snobbata dagli stessi comandi italiani)[10]. Il 31 agosto il generale Castellano giunse a Termini Imerese e fu portato a Cassibile (Siracusa).

Castellano chiese garanzie agli Alleati riguardo alla reazione tedesca contro l’Italia alla notizia della firma dell’armistizio e, in particolare, uno sbarco alleato a nord di Roma precedente all’annuncio; da parte alleata si ribatté che uno sbarco in forze e l’azione di una divisione di paracadutisti sulla capitale (un’altra richiesta su cui Castellano insistette) sarebbero stati in ogni caso contemporanei e non precedenti alla proclamazione dell’armistizio. In serata Castellano rientrò a Roma per riferire.

Il giorno successivo Castellano fu ricevuto da Badoglio; all’incontro parteciparono il Ministro degli Esteri Raffaele Guariglia e i generali Vittorio Ambrosio e Giacomo Carboni. Emersero posizioni non coincidenti: Guariglia e Ambrosio ritenevano che le condizioni alleate dovessero a quel punto essere accettate; Carboni dichiarò invece che il Corpo d’Armatada lui dipendente, schierato a difesa di Roma, non avrebbe potuto difendere la città dai tedeschi per mancanza di munizioni e carburante. Badoglio, che nella riunione non si pronunciò, fu ricevuto nel pomeriggio dal re Vittorio Emanuele, che decise di accettare le condizioni dell’armistizio.

L’arrivo di Castellano a Cassibile e la stipula

Un telegramma di conferma fu inviato agli Alleati; in esso si preannunciava anche l’imminente invio del generale Castellano. Il telegramma fu intercettato dalle forze tedesche in Italia che, già in sospetto di una simile possibile soluzione, presero a mettere sotto pressione, attraverso il comandante della piazza di Roma, Badoglio: questi enfaticamente spese molte volte la propria parola d’onore per smentire[senza fonte] qualsiasi rapporto con gli americani, ma in Germania cominciarono a organizzare delle contromisure.

Il 2 settembre Castellano ripartì per Cassibile, per dichiarare l’accettazione da parte italiana del testo dell’armistizio; non aveva tuttavia con sé alcuna autorizzazione scritta a firmare. Badoglio, che non gradiva che il suo nome fosse in qualche modo legato alla sconfitta[senza fonte], cercava di apparire il meno possibile e non gli aveva fornito deleghe per la firma, auspicando evidentemente che gli Alleati non pretendessero altri impegni scritti oltre al telegramma spedito il giorno precedente.

Castellano sottoscrisse il testo di un telegramma da inviare a Roma, redatto dal generale Bedell Smith, in cui si richiedevano le credenziali del generale, cioè l’autorizzazione a firmare l’armistizio per conto di Badoglio, che non avrebbe più potuto evitare il coinvolgimento del suo nome; si precisò che, senza tale firma, si sarebbe prodotta l’immediata rottura delle trattative. Ciò, naturalmente, perché in assenza di un accredito ufficiale, la firma di Castellano avrebbe impegnato solo lo stesso generale, certo non il governo italiano. Nessuna risposta pervenne tuttavia da Roma. Al che, nella prima mattinata del 3 settembre, per sollecitare la delega, Castellano inviò un secondo telegramma a Badoglio, che questa volta rispose quasi subito con un radiogramma in cui chiariva che il testo del telegramma del 1º settembre era già un’implicita accettazione delle condizioni di armistizio poste dagli Alleati.

Ma di fatto continuava comunque a mancare una delega a firmare e si dovette attendere un ulteriore telegramma di Badoglio, pervenuto solo alle 16:30: oltre all’esplicita autorizzazione a firmare l’armistizio per conto di Badoglio, il telegramma informava che la dichiarazione di autorizzazione era stata depositata presso l’ambasciatore britannico in Vaticano D’Arcy Osborne. A quel punto si procedette alla firma del testo dell’armistizio ‘breve’.

L’operazione ebbe inizio intorno alle 17. Apposero la loro firma Castellano, a nome di Badoglio, e Walter Bedell Smith (futuro direttore della CIA) a nome di Eisenhower. Alle 17:30 il testo risultava firmato. Fu allora bloccata in extremis dal generale Eisenhower la partenza di cinquecento aerei già in procinto di decollare per una missione di bombardamento su Roma, minaccia che aveva corroborato lo sveltimento dei dubbi di Badoglio e che probabilmente sarebbe stata attuata se la firma fosse saltata.

Harold Macmillan, il Ministro britannico distaccato presso il Quartier Generale di Eisenhower, informò subito Churchill che l’armistizio era stato firmato “[…] senza emendamenti di alcun genere”.

A Castellano furono solo allora sottoposte le clausole contenute nel testo dell’armistizio ‘lungo’, già presentate invece a suo tempo dall’ambasciatore Campbell al generale Giacomo Zanussi, anch’egli presente a Cassibile già dal 31 agosto, che tuttavia, per ragioni non chiare, aveva omesso di informarne il collega. Bedell Smith sottolineò che le clausole aggiuntive contenute nel testo dell’armistizio “lungo” avevano tuttavia un valore dipendente dalla effettiva collaborazione italiana alla guerra contro i tedeschi.

Nel pomeriggio dello stesso 3 settembre Badoglio si riunì con i Ministri della Marina, De Courten, dell’Aeronautica, Sandalli, della Guerra, Sorice, presenti il generale Ambrosio e il Ministro della Real Casa Acquarone: non fece cenno alla firma dell’armistizio, riferendosi semplicemente a trattative in corso.

Fornì invece indicazioni sulle operazioni previste dagli Alleati; in particolare, nel corso di tale riunione, avrebbe fatto cenno allo sbarco in Calabria, a uno sbarco di ben maggiore rilievo atteso nei pressi di Napoli e all’azione di una divisione di paracadutisti alleati a Roma, che sarebbe stata supportata dalle divisioni italiane in città perché ormai l’Italia avrebbe agevolato gli alleati.

Intanto Hitler, il 7 settembre, aveva chiesto al suo comando di formalizzare in un ultimatum le pressanti richieste che i comandi militari tedeschi facevano al comando supremo italiano.[11] Le richieste comprendevano la libertà di movimento delle truppe tedesche in ogni parte del territorio italiano, in particolare le installazioni della Marina militare. Con insistenza, i tedeschi avevano chiesto più volte di stabilire quartiere alla Spezia, per difendere il locale grande Arsenale della Marina, sede della Flotta Navale da Battaglia e base delle principali navi della Marina: da questo porto, la notte fra l’8 e il 9 settembre, uscirà la Flotta per andare a consegnarsi agli Alleati in ottemperanza delle condizioni d’armistizio, inclusa la “Roma”, poi affondata al largo dell’Asinara dall’aviazione tedesca, il ritiro delle truppe italiane dalle zone di confine con il Reich, la sottomissione di tutte le truppe italiane presenti nella Valle del Po alle direttive del Heeresgruppe B, creazione di un grande contingente di truppe italiane per la difesa dell’Italia del Sud dall’invasione alleata e modifica della catena di comando in favore di un controllo tedesco delle forze armate italiane. L’ultimatum doveva essere firmato da Hitler il 9 settembre, ma l’annuncio dell’armistizio lo rese inutile.[11]

Gli eventi correlati e la divulgazione

Nelle prime ore del mattino del 3 settembre, dopo un bombardamento aeronavale alleato delle coste calabresi, ebbe inizio fra Villa San Giovanni e Reggio Calabria lo sbarco di soldati della 1ª Divisione canadese e di reparti britannici; si trattò di un imponente diversivo per concentrare l’attenzione dei tedeschi molto a sud di Salerno, dove avrebbe avuto invece luogo lo sbarco principale.

Due americani, il generale di brigata Maxwell D. Taylor e il colonnello William T. Gardiner, furono inviati in segreto a Roma per verificare le reali intenzioni degli italiani e la loro effettiva capacità di supporto per i paracadutisti americani. La sera del 7 settembre incontrarono il generale Giacomo Carboni, responsabile delle forze a difesa di Roma. Carboni manifestò l’impossibilità delle forze italiane di appoggiare i paracadutisti americani e la necessità di rinviare l’annuncio dell’armistizio. Gli americani chiesero di vedere Badoglio, il quale confermò l’impossibilità di un immediato armistizio. Eisenhower, avvisato dei fatti, fece annullare l’azione dei paracadutisti, che avevano già parzialmente preso il decollo dalla Sicilia, e decise di rendere pubblico l’armistizio. Alle 18:30 dell’8 settembre gli Alleati annunciarono l’armistizio dai microfoni di Radio Algeri[12]. Alle 18:45 un bollettino della Reuters raggiunge Vittorio Emanuele e Badoglio al Quirinale; il Re decise di confermare l’annuncio degli americani.[13]

L’armistizio fu reso pubblico alle 19:45 dell’8 settembre dai microfoni dell’EIAR che interruppero le trasmissioni per trasmettere l’annuncio (precedentemente registrato) della voce di Badoglio che annunciava l’armistizio alla nazione.

Le conseguenze

Prima pagina del Corriere della Seracon l’annuncio dell’armistizio

Lo stesso argomento in dettaglio: Internati Militari Italiani e Trasferimento di Vittorio Emanuele III.

L’annuncio dell’armistizio da parte degli alleati colse del tutto impreparate e lasciò quasi prive di direttive le forze armate italiane che si trovavano impegnate in compiti di occupazione all’estero, e quelle addette alla protezione del territorio metropolitano: non vi erano ordini né piani, né ve ne sarebbero stati nei giorni a seguire.

Il mattino successivo, di fronte alle prime notizie di un’avanzata di truppe tedesche dalla costa tirrenica verso Roma, il re, la regina, il principe ereditario, Badoglio, due ministri del Governo e alcuni generali dello stato maggiore furono trasferiti nel Sud Italia per mettersi in salvo dal pericolo di una cattura da parte tedesca e per rappresentare ancora il Regno d’Italia in una zona non occupata né dai tedeschi né dagli Alleati. Brindisi divenne per qualche mese la sede degli enti istituzionali. Il progetto iniziale era stato quello di trasferire con il re anche gli stati maggiori al completo delle tre forze armate, ma solo pochi ufficiali raggiunsero Brindisi.

Tristemente noto è l’episodio dell’imbarco nel porto di Ortona: poiché non c’era posto per tutti i componenti del numeroso seguito, molti di loro, pur essendo alti ufficiali delle Forze Armate, si gettarono inutilmente all’assalto della piccola corvetta Baionetta, e una volta respinti a terra, colti dal panico, vestirono abiti borghesi e, abbandonando bagagli e uniformi per terra nel porto, si diedero alla macchia[14].

Così, mentre avveniva il totale sbandamento delle forze armate, le armate tedesche della Wehrmacht e delle SS presenti in tutta la penisola poterono far scattare l’Operazione Achse (secondo i piani già predisposti sin dal 25 luglio dopo la destituzione di Mussolini) occupando tutti i centri nevralgici del territorio nell’Italia settentrionale e centrale, fino a Roma, sbaragliando quasi ovunque l’esercito italiano: la maggior parte delle truppe fu fatta prigioniera e venne mandata nei campi di internamento in Germania, mentre il resto andava allo sbando e tentava di rientrare al proprio domicilio. Di questi ultimi, chi per motivi ideologici o per opportunità si diede alla macchia andò a costituire i primi nuclei del movimento partigiano della resistenza italiana.

Cassibile (Siracusa), 3 settembre 1943. Dopo la firma dell’armistizio fra l’Italia e le potenze alleate, posano per una foto nell’oliveto presso la tenda dove si è svolta la cerimonia. Da sinistra, il brigadiere generaleinglese Kenneth Strong, il generale italiano Giuseppe Castellano, il generale statunitense Walter Bedell Smith (futuro direttore della CIA) e il diplomatico Franco Montanari, che aveva svolto le funzioni di traduttore e interprete per Castellano.

Nonostante alcuni straordinari episodi di valore in patria e su fronti esteri da parte del regio esercito italiano (tra i più celebri si ricordano quelli che si conclusero con l’eccidio di Cefalonia e con l’eccidio di Coo, avvenuto dopo la battaglia di Coo), quasi tutta la penisola cadde sotto la pronta occupazione tedesca e l’esercito venne disarmato, mentre l’intera impalcatura dello Stato cadde in sfacelo. Le Forze Armate italiane riuscirono a sconfiggere e mettere in fuga il nemico tedesco solo a Bari, grazie al deciso e fermo atteggiamento del generale Nicola Bellomo, in Sardegna e in Corsica (che era stata occupata dall’Italia). A Napoli, invece, fu la popolazione a mettere in fuga le truppe nazifasciste dopo una battaglia durata quattro giorni (episodio che sarebbe poi passato alla storia come le cosiddette quattro giornate di Napoli). Una questione a parte si originò circa la mancata difesa di Roma, che poté essere espugnata dai tedeschi malgrado la ferma opposizione fra gli altri reparti militari italiani, di alcuni reggimenti dell’Arma di Cavalleria del Regio Esercito come “Genova Cavalleria” (4°) “Lancieri di Montebello” (8°), “Lancieri di Vittorio Emanuele II°” (10°), questi ultimi due montati anche su semoventi da 75/18 su scafo M42.

La Regia Marina, che era ancorata nei porti da circa un anno per penuria di carburante, dovette consegnarsi nelle mani degli Alleati a Malta come prescritto nelle condizioni di armistizio. Successivamente, dopo la consegna, le navi maggiori furono internate nei Laghi Amari mentre il naviglio minore si unì alle flotte alleate per combattere contro il nuovo nemico. In seguito buona parte della flotta, in ottemperanza del trattato di Parigi del 1947, venne ceduta alle potenze vincitrici o demolita.

La sera dell’8 settembre, quando il ministro della Marina De Courten annunciò alle basi di La Spezia e di Taranto l’armistizio e l’ordine del re di salpare con tutte le navi per Malta, tra gli equipaggi si rischiò la rivolta e in quelle concitate ore c’era chi proponeva di lanciarsi in un ultimo disperato combattimento, chi di autoaffondarsi. Il contrammiraglio Giovanni Galati, comandante del gruppo di incrociatori leggeri Luigi CadornaPompeo Magno e Scipione Africano, rifiutò la resa e dichiarò che non avrebbe mai consegnato le navi ai britannici a Malta, mostrando l’intenzione di salpare per il Nord, o per cercare un’ultima battaglia, o per autoaffondare le navi. L’ammiraglio Brivonesi, suo superiore, dopo aver tentato invano di convincerlo a obbediire agli ordini del Re, al quale aveva prestato giuramento, lo fece mettere agli arresti in fortezza[15], insieme con Galati furono sbarcati il capitano di vascello Baslini e il tenente di vascello Adorni, che si erano rifiutati di consegnare agli alleati le navi al loro comando.[16]

De Courten nel pomeriggio telefonò a La Spezia all’ammiraglio Bergamini, ammettendo che l’armistizio era ormai imminente[17]; dovendo però andare al Quirinale, lasciò al suo vice, ammiraglio Sansonetti, ex compagno di corso di Bergamini, il compito di convincerlo. Bergamini, con riluttanza, accettò formalmente gli ordini lasciando gli ormeggi, ma De Courten nascose la clausola del disarmo che pure era tra le condizioni dell’armistizio così come alcune clausole del Promemoria Dick,[18]allegato all’armistizio.
Tale documento prevedeva, fra l’altro, di innalzare un pennello nero o blu scuro sull’albero di maestra e di porre in coperta grandi dischi neri[17]; questi segnali saranno innalzati dall’ammiraglio Oliva solo alle ore 7 del 10 settembre dopo comunicazione della Supermarina,[17] mentre Bergamini innalzò il gran pavese navigando verso Malta, la sua navigazione si concluse il pomeriggio del giorno seguente, quando la Roma venne sventrata da una bomba teleguidata Fritz-Xlanciata da un Dornier Do 217 tedesco.

La “Pietra della pace” – Cassibile(Siracusa) donata dallo Stato Maggiore di Eisenhower alla baronessa Aline Grande

Il naviglio della Regia Marina perso a causa dell’armistizio, sia per autoaffondamento sia per cattura da parte dei tedeschi fu di 294 363 tonnellate per 392 unità già operative, e di 505 343 tonnellate per 591 unità se si aggiungono le unità in costruzione, questo dislocamento rappresentava il 70% del dislocamento di tutte le navi della Regia Marina all’inizio della guerra, ed era nettamente superiore al dislocamento del naviglio perso nei precedenti 39 mesi di guerra (334 757 tonnellate).[19]

Gli aviatori italiani rimasti fedeli al governo Badoglio, continuarono a far parte della Regia Aeronautica: alcuni reparti della stessa infatti si rischieravano o erano già presenti da prima dell’armistizio, per lo più nelle basi salentine di Galatina, Leverano, Brindisi, Grottaglie, Manduria ancora non raggiunte degli anglo-americani e lasciate dai tedeschi in ritirata.

Fonte :Wikipedia – Il giornale popolare