ESSERE PRONTI SE LE COSE SI METTONO MALE DAVVERO

ANDREA CECCHI

Ovviamente speriamo di no. Un po’ come non speriamo di forare un pneumatico quando ci mettiamo in viaggio con l’auto. O speriamo di non fare naufragio se andiamo in mare. Ma in ogni caso, è meglio avere la ruota di scorta, per ripartire o la scialuppa di salvataggio, per non affogare. In un momento in cui ci hanno detto apertamente che stanno facendo un GRANDE RESET economico e in cui non nascondono opzioni eugenetiche, è opportuno essere preparati. Sperando al meglio, ma pronti al peggio. È in corso una guerra dichiarata verso la sopravvivenza del ceto medio globale.

Soprattutto quello europeo: e in Europa, soprattutto al ceto medio italiano; proprio perché è quello maggiormente dotato di risparmi. Risparmi espressi in euro che stanno evaporando sotto il naso incredulo di una cittadinanza addormentata e ignara, tenuta distratta da scandali e gossip, mentre la nave affonda.

Ovviamente speriamo di no. Un po’ come non speriamo di forare un pneumatico quando ci mettiamo in viaggio con l’auto. O speriamo di non fare naufragio se andiamo in mare. Ma in ogni caso, è meglio avere la ruota di scorta, per ripartire o la scialuppa di salvataggio, per non affogare. In un momento in cui ci hanno detto apertamente che stanno facendo un GRANDE RESET economico e in cui non nascondono opzioni eugenetiche, è opportuno essere preparati. Sperando al meglio, ma pronti al peggio. È in corso una guerra dichiarata verso la sopravvivenza del ceto medio globale.

Vedete il grafico? La metà dei soldi in soli due anni è già stata trasferita del conto corrente degli italiani alle tasche della classe oligarchica, quella che come ha detto Warren Buffett, ci ha dichiarato guerra e che sta vincendo questa guerra, impossessandosi dei nostri soldi.

Pochissimi hanno capito che per salvare i propri risparmi bisogna salire sulla scialuppa di salvataggio dell’ORO prima di perdere tutto. Per quasto il grande reset funzionerà.

Il programma della gestione del pianeta da qui in poi vede la necessità di chiudere il cerchio del recinto sul controllo dell’umanità intera. La tecnologia, abbinata all’economia, rende il tutto estremamente semplice. La propaganda dei media mainstream è l’ingrediente finale che amalgama tutto l’impasto del gregge zombie in una massa informe altamente gestibile, con impulsi di controllo infallibili.

Il pericolo è quello di ritrovarsi circondati da zombie e di volersi salvare.

Ovviamente speriamo di no. Un po’ come non speriamo di forare un pneumatico quando ci mettiamo in viaggio con l’auto. O speriamo di non fare naufragio se andiamo in mare. Ma in ogni caso, è meglio avere la ruota di scorta, per ripartire o la scialuppa di salvataggio, per non affogare. In un momento in cui ci hanno detto apertamente che stanno facendo un GRANDE RESET economico e in cui non nascondono opzioni eugenetiche, è opportuno essere preparati. Sperando al meglio, ma pronti al peggio. È in corso una guerra dichiarata verso la sopravvivenza del ceto medio globale. Soprattutto quello europeo: e in Europa, soprattutto al ceto medio italiano; proprio perché è quello maggiormente dotato di risparmi. Risparmi espressi in euro che stanno evaporando sotto il naso incredulo di una cittadinanza addormentata e ignara, tenuta distratta da scandali e gossip, mentre la nave affonda. Vedete il grafico? La metà dei soldi in soli due anni è già stata trasferita del conto corrente degli italiani alle tasche della classe oligarchica, quella che come ha detto Warren Buffett, ci ha dichiarato guerra e che sta vincendo questa guerra, impossessandosi dei nostri soldi. Pochissimi hanno capito che per salvare i propri risparmi bisogna salire sulla scialuppa di salvataggio dell’ORO prima di perdere tutto. Per quasto il grande reset funzionerà. Il programma della gestione del pianeta da qui in poi vede la necessità di chiudere il cerchio del recinto sul controllo dell’umanità intera. La tecnologia, abbinata all’economia, rende il tutto estremamente semplice. La propaganda dei media mainstream è l’ingrediente finale che amalgama tutto l’impasto del gregge zombie in una massa informe altamente gestibile, con impulsi di controllo infallibili.
Il pericolo è quello di ritrovarsi circondati da zombie e di volersi salvare.
Abbiamo già avuto un assaggio di quello che sono capaci di scatenare durante il periodo dell’emergenza sanitaria.
Sono state le prove generali prima di quella che potrebbe essere un’operazione ancora peggiore.

Sempre sperando di non trovarsi in situazioni estreme, consideriamo alcuni possibili scenari e vediamo quanto siamo effettivamente pronti a fronteggiare quello che potrebbe avvenire se si scatena il caos e la zombie apocalypse.

Morte e distruzione a Gaza

John J. Mearsheimer, l’autore di questo articolo, è uno dei più accreditati politologi statunitensi

***

Non credo che nulla di ciò che dico su ciò che sta accadendo a Gaza influenzerà la politica israeliana o americana in quel conflitto. Ma voglio essere registrato in modo che quando gli storici guarderanno indietro a questa calamità morale, vedranno che alcuni americani erano dalla parte giusta della storia.

Ciò che Israele sta facendo a Gaza alla popolazione civile palestinese – con il sostegno dell’amministrazione Biden – è un crimine contro l’umanità che non ha uno scopo militare significativo. Come dice J-Street, un’importante organizzazione nella lobby israeliana, “La portata del disastro umanitario in corso e delle vittime civili è quasi insondabile”.[ 1]

Lascia che elabori.

In primo luogo, Israele sta massacrando di proposito un numero enorme di civili, circa il 70 per cento dei quali sono bambini e donne. L’affermazione che Israele sta facendo di tutto per ridurre al minimo le vittime civili è smentito dalle dichiarazioni di funzionari israeliani di alto livello. Ad esempio, il portavoce dell’IDF ha detto il 10 ottobre 2023 che “l’enfasi è sui danni e non sull’accuratezza”. Lo stesso giorno, il ministro della Difesa Yoav Gallant ha annunciato: “Ho abbassato tutte le restrizioni: uccideremo tutti quelli contro cui combattiamo; useremo ogni mezzo”.[ 2]

Inoltre, dai risultati della campagna di bombardamenti è chiaro che Israele sta uccidendo indiscriminatamente i civili. Due studi dettagliati sulla campagna di bombardamenti dell’IDF – entrambi pubblicati nei punti vendita israeliani – spiegano in dettaglio come Israele stia uccidendo un numero enorme di civili. Vale la pena citare i titoli dei due pezzi, che catturano succintamente ciò che ognuno ha da dire:

“‘Una fabbrica di assassini di massa’: all’interno del bombardamento calcolato di Gaza da parte di Israele”[3]

“L’esercito israeliano ha abbandonato la moderati a Gaza e i dati mostrano uccisioni senza precedenti”.[ 4]

Allo stesso modo, il New York Times ha pubblicato un articolo alla fine di novembre 2023 intitolato: “I civili di Gaza, sotto lo sbarramento israeliano, vengono uccisi a ritmo storico”.[ 5] Pertanto, non sorprende che il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, abbia affermato che “Stiamo assistendo a un’uccisione di civili senza precedenti e senza precedenti in qualsiasi conflitto dopo” la sua nomina nel gennaio 2017.[ 6]

In secondo luogo, Israele sta volutamente affamando la disperata popolazione palestinese limitando notevolmente la quantità di cibo, carburante, gas da cucina, medicine e acqua che possono essere portati a Gaza. Inoltre, l’assistenza medica è estremamente difficile da ottenere per una popolazione che ora comprende circa 50.000 civili feriti. Non solo Israele ha notevolmente limitato la fornitura di carburante a Gaza, di cui gli ospedali hanno bisogno per funzionare, ma ha preso di mira ospedali, ambulanze e stazioni di primo soccorso.

Il commento del ministro della Difesa Gallant del 9 ottobre cattura la politica israeliana: “Ho ordinato un assedio completo sulla Striscia di Gaza. Non ci sarà elettricità, niente cibo, niente carburante, tutto è chiuso. Stiamo combattendo gli animali umani e stiamo agendo di conseguenza.”[ 7] Israele è stato costretto a consentire forniture minime a Gaza, ma gli importi sono così piccoli che un alto funzionario delle Nazioni Unite riferisce che “metà della popolazione di Gaza sta morendo di fame”. Continua a riferire che: “Nove su 10 famiglie in alcune aree trascorrono ‘un giorno e una notte intero senza alcun cibo'”.[ 8]

In terzo luogo, i leader israeliani parlano dei palestinesi e di ciò che vorrebbero fare a Gaza in termini scioccanti, soprattutto se si considera che alcuni di questi leader parlano anche incessantemente degli orrori dell’Olocausto.

È ACCADUTO AL FRONTE: DUE SOLDATI GRAVEMENTE FERITI, UN RUSSO E UN UCRAINO, SI SONO AIUTATI A VICENDA A SOPRAVVIVERE

Una storia straordinaria che sottolinea ancora una volta come l’essenza dell’uomo si opponga a qualsiasi guerra e come le persone non vogliano morire e siano costrette a farlo nell’interesse dei criminali al potere.

Per intenderci. Con la diffusione dei droni, rimuovere i feriti dal campo di battaglia è spesso molto problematico e talvolta impossibile. Spesso i feriti muoiono proprio perché non si riesce a soccorrerli (per evitare che un’altra dozzina di uomini perda la vita).

Così, due soldati gravemente feriti, uno dell’Esercito russo e l’altro di quello ucraino, a seguito di un’offensiva russа non portata a termine, si sono ritrovati con gravi ferite nella cosiddetta zona “grigia” o zona “di nessuno” nella roccaforte delle Forze Armate ucraine.

Il soldato russo aveva ferite da schegge alla parte bassa della schiena e ai glutei ed è stato fasciato dal suo nemico gravemente ferito (che in definitiva lo ha salvato). I due ragazzi sono rimasti insieme per diversi giorni e hanno lottato insieme per vivere. Ma il quinto giorno il soldato ucraino è morto per le ferite riportate, mentre il russo è riuscito a sopravvivere.

Solo dopo la morte del soldato ucraino che l’aveva salvato, il militare russo ha cominciato a trascinarsi per raggiungere le postazioni della sua unità.

Per non rimanere disidratato ha dovuto masticare neve: per fortuna, in questo periodo non manca… Alla fine è riuscito a trascinarsi verso le postazioni russe ed è stato ricoverato immediatamente. Aveva le gambe congelate, ma i medici hanno già comunicato che si potranno evitare amputazioni.

Yury Podolyaka

IL DISEGNO ISRAELIANO PER GAZA

Lo scenario dell’inizio della guerra in Cisgiordania è sul tavolo. Ci stiamo preparando alla possibilità di guerra con l’Autorità Palestinese. Questa affermazione di Netanyahu, in apparenza contraddittoria data la storica relazione di stretta collaborazione tra l’ANP e gli Stati Uniti, richiede un’analisi approfondita. Netanyahu, politico navigato, comprende la complessità dei rapporti tra Israele e gli USA e l’importanza di tale connessione per la sopravvivenza di Israele.

Le relazioni tra USA e Israele sono sempre state complesse, con l’influenza della lobby ebraica negli USA dagli anni ’60-’70. Nonostante ciò, Tel Aviv è consapevole della necessità del sostegno economico e militare degli USA. Attualmente, il governo israeliano, guidato da Netanyahu, affronta sfide significative a seguito dell’attacco della Resistenza palestinese, con crescenti complicazioni sul campo, isolamento internazionale e pressioni statunitensi.

Ora, a due mesi dall’attacco della Resistenza palestinese, le cose per Israele e per il governo Netanyahu non si mettono particolarmente bene. La situazione sul campo è sempre più complicata (nella Striscia di Gaza gli scontri con la Resistenza si fanno sempre più frequenti e sempre più mortali, con una crescita costante delle perdite tra le fila dell’IDF), l’isolamento internazionale cresce e, soprattutto, cresce la difficoltà statunitense nel sostenere a spada tratta le scelte del governo israeliano. In particolare, i punti di attrito principali sono tre.

Israele rifiuta decisamente qualsiasi apertura, anche solo formale, all’ipotesi dei due stati, che è invece il mantra propagandistico occidentale. Sia Washington che Tel Aviv sanno che questa ipotesi è nella realtà impraticabile, ma ciò nonostante Tel Aviv mantiene una netta chiusura.
La Casa Bianca vuole che l’operazione a Gaza si concluda in fretta, al massimo entro la metà di gennaio, sia perché il suo protrarsi crea imbarazzi internazionali, sia perché mette a rischio la vittoria democratica alle prossime presidenziali. Al contrario, sia il governo che l’esercito israeliano vogliono mano libera, senza limiti di tempo, nella consapevolezza che la faccenda non è risolvibile in poche settimane.
Sul futuro di Gaza, successivamente alla fine delle operazioni militari, si concretizza infine la divisione più marcata, poiché gli USA vorrebbero una occupazione militare quanto più breve possibile, seguita dall’affidamento proprio all’ANP del governo della Striscia, mentre il disegno israeliano è di ben altra natura.

In tale prospettiva, è evidente che bisogna spazzare via qualsiasi alternativa possibile e, quindi, la guerra con l’ANP (che non sta partecipando in alcun modo agli scontri in Cisgiordania) serve allo scopo di eliminare in nuce l’ipotesi americana, trasformando quella che è sempre stata una sorta di amministrazione coloniale della West Bank, in un nemico dichiarato di Israele. Il che, ovviamente, prelude a sua volta al ritorno ad una amministrazione militare della Cisgiordania.

Chiaramente, tutti questi sono segnali dell’enorme debolezza, sia del governo Netanyahu che della stessa Israele. E la faccia feroce serve solo a nasconderla, sperando che, passata la tempesta, tutto torni come prima. Il che, in fondo, è il sogno dell’intero occidente.

FONTE TELEGRAM

Il pensiero clandestino di Andrea Emo

di Marcello Veneziani

L’11 dicembre di quarant’anni fa si spegneva a Roma Andrea Emo, nobiluomo veneto, discendente di dogi,  dopo una vita passata in ombra, tra case patrizie e palladiane, come la splendida Villa Emo Capodilista. Lasciò un mare infinito di pagine inedite, quarantamila. Pensieri abissali, solitudini stellari, perfino una militanza da missino, con candidatura al parlamento e scritti per le pagine culturali del Secolo d’Italia e soprattutto uno sciame di letture e di quaderni. Centinaia di taccuini compilati lungo mezzo secolo, anzi di più, in assoluta clandestinità di pensiero, senza mai esporli, di cui escono ogni tanto perle, estratti, fiotti, come in un’Emorragia di pensieri. Come lo squisito libro di aforismi e riflessioni, “La voce incomparabile del silenzio”, a cura di Massimo Donà e Raffaella Toffolo. Emo è il caso raro di un autore nato dopo la sua morte. Vivo post vitam. 
Allievo in disparte di Gentile, Emo tracciò nei suoi appunti il versante tragico dell’attualismo gentiliano, ne delineò l’ombra, il negativo. Colse l’immortalità dell’attualità e del fugace istante, “quando è attualità pura, cioè attualità del proprio nulla”. In Gentile fiammeggia la fiducia nello spirito e un operoso ottimismo che confida nell’umano; in Emo l’orizzonte di pensiero resta l’idealismo ma si spegne la fiducia spirituale e il confidare nell’umano. Emo coglie la coincidenza tra essere e niente, nel triangolo tra l’eterno, l’attuale e il nulla. Questo florilegio di Emo è incentrato proprio sulla scrittura. Secondo Emo la maggior parte delle persone scrive per nascondersi, mentre lo scrittore dovrebbe essere quell’uomo d’eccezione che scrive per manifestarsi e dire la realtà. Ma lui non manifestò la sua scrittura, la svolse in segreto. Si definì persona di poco fondamento, inetto a qualunque cosa, con qualche vena di pazzia. Se un giorno sarà dimenticata la nostra presenza, scrisse, sarà sufficiente che sarà ricordata la nostra assenza. “Ciò che scriviamo è una lunga lettera ad ignoti, a lettori sconosciuti o futuri, che forse non esisteranno mai: che porteranno il nome omerico di: Nessuno”. Il filosofo per lui è l’uomo condannato a dire solo parole definitive; mentre la poesia è sempre in esilio in una regione arida e impoetica e dunque sorge per contrasto con l’ambiente. Il pensiero per lui modifica quel che tocca, mentre il sentimento puro accetta tutto, ne canta la presenza e l’assenza. Il pensiero è maschile, dice Emo in epoca prefemminista, anzi fascista, il sentimento è femminile. In una splendida immagine definisce la poesia come l’arcobaleno che unisce le due rive ignote dell’essere e del non essere. L’arcobaleno è un poste effimero su cui passano i nostri pensieri e le immagini, e tutto ciò che non obbedisce alla forza di gravità. L’arcobaleno, ricordava, concilia il cielo con la terra. La poesia per lui è l’arte delle scorciatoie, l’arte di arrivare in anticipo per vie traverse, sentieri e dirupi, dove il pensiero razionale e riflessivo perviene più lentamente, più faticosamente, mediante le vie maestre. Nei suoi appunti concede poco spazio ai ricordi di vita perché per lui un libro di memorie è un’orazione funebre pronunciata dal morto stesso; nel ricordo, ci sveliamo “attualmente morti”, in una coincidenza attualistica di morte e vita. 
Emo non è solo un pensatore aristocratico ma la solitudine rese la cifra del suo pensiero di consapevole solipsista: “Essere l’unico lettore dell’unico proprio libro, della propria unica vita, del proprio unico assoluto…Essere come un principe dello spirito, travestito da mortale che, incognito e ignorato, vive tra i propri sudditi”.  
Per compensare il suo esercizio di disperazione, ho affiancato le sue pagine a La parola e la scrittura, un testo di Louis Lavelle del 1942. Lavelle afferma che la parola e la scrittura sono i due miracoli che fanno scendere il pensiero nel mondo della voce e dello sguardo, dell’azione e dello spettacolo, obbligandoli a congiungersi. Tramite la parola e la scrittura, lo spirituale si fa carnale. Emo percorre la stessa via ma in senso inverso: nell’istante della vita e nella veloce parabola della parola il carnale si dissolve nello spirituale. Muore in purezza, come l’Atto puro gentiliano. Non mancano tuttavia incursioni nella realtà storica e politica. Scriveva nei suoi Quaderni che noi abbiamo molte patrie: una nostra patria è la memoria, un’altra patria è l’epoca in cui viviamo, una patria è ogni stagione che torna ciclicamente sulla terra, una patria è l’amore, una patria è “qualche antica e defunta patria”, che può essere un antico linguaggio o un’avita cultura. Una patria è la musica…E concludeva: “Quanti aspetti o possibilità ha la nostra nostalgia? Da quante patrie siamo esiliati?” Possiamo dunque capire e amare la patria solo in esilio, lontani da essa, perduta nello spazio o nel tempo? Un po’ come l’amor platonico, che è poi metafora della visione, quell’amore che dà frutti non attraverso l’unione ma il distacco, la lontananza… Resta il dubbio che vi sia un sovrano – un Dio, un noi, una letteratura – che poi congiungerà il poligono delle patrie, tradurrà la politonia in sinfonia. Quel punto di fusione delle patrie che sul piano storico si chiama civiltà.
Pur nella frammentarietà degli appunti, le opere che ne stanno scaturendo, raccolte per temi, compongono un pensiero organico, coerente. E’ come se dai fondali fossero tratti in superficie arredi e tesori di un relitto sommerso; e ricomposti per materiali affini, figurassero la sagoma maestosa del galeone inabissato. E’ la filosofia di Emo. 
Emo scrisse “interminabili lettere alla posterità che la posterità non leggerà mai”. Tutelò il suo pensiero col velo della timidezza, che fu l’imene della sua verginità d’autore. Il timido, scrisse in un suo quaderno del ’32, “è un animo gentile che dà tanta importanza agli altri, non si ritiene degno di esistere e si vergogna di se stesso”.  Ma al tempo stesso, notò, il timido coltiva il piacere solitario e aristocratico “di non dover essere grato a nessuno”. Non dipendere da nessuno, neanche dai loro sguardi…Qui c’è tutto Emo, il Filosofo Velato. 

(Da Imperdonabili, Feltrinelli, 2020)

Lo spauracchio dell’esercizio provvisorio, il governo Meloni e la fine della Seconda Repubblica

di Cesare Sacchetti

FONTE

Esercizio provvisorio sono due parole che generalmente dovrebbero suscitare non pochi timori quando vengono pronunciate di questo periodo.

Per chi non fosse avvezzo alle tecnicalità di bilancio, si tratta di una situazione nella quale il governo di turno si trova di fronte alla possibilità di non approvare la sua manovra in tempo entro la fine dell’anno.

Quando ciò si verifica la spesa complessiva prevista nella manovra viene divisa per 12, come i mesi dell’anno, e in ogni mese si può utilizzare appunto un dodicesimo dei fondi previsti nella manovra.

Quando questo accade, è evidente che il governo di turno si trova in una situazione di affanno e di crisi della sua maggioranza, e sulla carta i numeri del governo Meloni dovrebbero scongiurare una simile ipotesi.

Il governo attuale dispone di una maggioranza di circa 235 deputati alla Camera, quando la soglia minima è di 201 dopo l’infausta riduzione del numero dei parlamentari, e di 115 senatori quando il numero minimo qui è fissato invece a quota 103 senatori.

Eppure questa possibilità si sta profilando sempre di più poichè il governo ha cambiato la sua manovra e ora i tempi per l’approvazione entro dicembre appaiono alquanto serrati.

Il governo Meloni ha riscritto alcune parti della manovra in particolare quella che riguarda i tagli sulle pensioni dei dipendenti pubblici.

Adesso è la terza volta che la conferenza dei capigruppo rinvia la discussione in Senato, e la maggioranza di centrodestra al Senato dovrà guardare con attenzione il calendario se non vuole incorrere nel rischio di vedersi umiliata dall’ingresso dell’esercizio provvisorio.

Non pare però essere una questione di mera aritmetica l’approvazione di questa manovra, quanto una che appartiene più propriamente al campo della politica.

Quando alcuni esponenti del mondo delle imprese si sono recati alla Camera per discutere di questi provvedimenti di bilancio chiedendo un significativo aumento della spesa pubblica, e non una manovra che stia negli ormai strettissimi parametri europei, questi hanno raccontato che i deputati del centrodestra non si sono fatti nemmeno trovare.

La situazione di palazzo Chigi e di Montecitorio sembra essere pressoché la stessa nella quale versa tutta la politica italiana dallo scorso luglio del 2022 quando cadde il governo Draghi.

Sembra esserci un vuoto politico che nessuno vuole o può riempire perché l’esecutivo Draghi composto da un premier tecnico che assolveva alle funzioni di garante, o meglio di parafulmine, della politica italiana ha lasciato tutto il sistema politico dell’Italia fluttuante.

Non c’è nessuno che da allora in poi sia stato in grado di riempire tale vuoto e di proseguire l’agenda imposta dalle istituzioni sovranazionali soprattutto perché dalla fine della farsa pandemica è subentrato un elemento nuovo, completamente non previsto dai partiti attuali che hanno fatto di tutto per vessare il popolo italiano e compiacere i loro referenti d’Oltralpe.

L’elemento nuovo è che tutti nei palazzi del potere erano piuttosto convinti che la società del Grande Reset sarebbe arrivata alla sua ultima manifestazione, e che il residuo spazio di sovranità nazionale in mano all’Italia si dissolvesse del tutto per lasciare il posto alla tanto agognata governance globale centrale.

La politica in tale processo si sarebbe liquefatta completamente fino a consegnare tutto il potere a questa vasta tecnocrazia transnazionale nella quale il capitale finanziario e le istituzioni globali da esso dominate avrebbero avuto un potere ancora più enorme rispetto agli Stati nazionali.

Il fallimento di Davos ha innescato la crisi della politica italiana

L’intero piano però dipendeva dalla riuscita della farsa pandemica ed è per questo che ancora oggi vediamo delle vedove inconsolabili di quella operazione terroristica.

È ancora per questo che ogni tanto sentiamo parlare di nuove “pandemie” o di nuovi agenti patogeni della Cina in quello che assomiglia ad un eterno ritorno uguale delle stesse psy-op dell’establishment italiano ed europeo che ogni volta rovista nell’archivio delle sue montature mediatiche e ogni volta riceve la stessa cocente delusione.

Ogni qualvolta si prova a parlare di nuova “pandemia” o di nuovi virus, più o meno reali, giungono subito rapide smentite dall’altra parte, Cina in questo caso, che qualcosa del genere stia accadendo.

Le condizioni del 2020 sono irripetibili. Non si possono ricreare a meno che non ci sia uno sforzo congiunto globale dei vari governi nel mondo che vadano tutti nella stessa direzione.

Non appena però gli attori principali, la Russia, la Cina e gli altri Paesi BRICS, e persino gli Stati Uniti – che non hanno cambiato sostanzialmente direzione dopo la nascita della virtuale amministrazione Biden – si sono opposti, qualsiasi tentativo di ricreare una falsa emergenza globale è divenuto di conseguenza semplicemente impossibile.

Ora, questa è una situazione che tormenta non poco i vari peones di Montecitorio e di palazzo Madama perché sono alquanto consci da quelle parti che questa legislatura è probabilmente l’ultima della Seconda Repubblica e di questa classe politica e forse proprio della Repubblica dell’anglosfera sorta dopo l’infamia di Cassibile.

Nessuno sa con certezza che cosa accadrà dopo, ma tutti sanno che in questo dopo non ci sarà più spazio per i personaggi politici che hanno eseguito questo enorme crimine contro l’Italia per conto di infidi personaggi quali Bill Gates, George Soros, David Rockefeller e molti altri.

La manovra sembra essere uno dei perfetti casus belli per avviare quella catena di eventi che da qui al 2024, ormai sempre più vicino, può portare alla definitiva dismissione di tutti i partiti che sono in Parlamento ora.

Qualcuno potrebbe pensare che i nostri sono pensieri che si fondano su una sorta di inguaribile “ottimismo” ma in realtà si tratta di considerazioni che attengono solamente al putrescente stato delle istituzioni politiche italiane.

Si guardi, ad esempio, a quanto accaduto negli ultimi tre anni. Il solo fatto che tutti i partiti abbiano lavorato alacremente per annientare la salute e la libertà degli italiani ha creato un incolmabile muro di diffidenza e disprezzo tra la politica e il popolo.

Non si era mai vista una distanza così abissale tra popolo e politica e non si erano mai visti dei livelli così elevati di astensionismo uscire dalle urne.

Il messaggio che stanno trasmettendo gli elettori è alquanto semplice. È un messaggio di rifiuto totale e inappellabile dell’offerta politica attuale.

Gli italiani vogliono una nuova classe dirigente e non sono nemmeno più disposti a dare il loro voto ai vari falsi oppositori di turno poiché ormai la foglia del gatekeeping è stata mangiata da un pezzo, e lo stato profondo italiano non può più sperare di creare oppositori di facciata nel suo laboratorio come accaduto per il M5S prima e per la Lega poi.

Appaiono grotteschi e parossistici i tentativi di proporre figure bruciate da un pezzo come Gianni Alemanno o peggio ancora del generale Vannacci al quale i media hanno fatto una enorme pubblicità proprio nel tentativo di accreditarlo come nuovo falso oppositore.

Tutto vano. La fiducia degli italiani tornerà ad essere concessa solamente a chi veramente si mostrerà essere disposto a mettere fine ad un sistema fondato sul potere di società segrete quali la massoneria e le sue succursali paramassoniche, quali i Rotary e i Lions.

Quando qualcuno toccherà i nodi del vero potere, allora gli italiani sapranno che è maturo il frutto di una nuova classe politica di patrioti e servitori dello Stato.

Se volgiamo lo sguardo al governo Meloni per dare una valutazione dello stato della politica italiana, i nostri ragionamenti si rafforzano.

Nemmeno troppo provocatoriamente rivolgiamo questa domanda: c’è veramente un governo? Ad oggi, è chiara la sensazione che non ci sia un esecutivo nel vero senso del termine che porti avanti un programma politico.

C’è un esecutivo che si affida a delle ammuffite tecniche di marketing politico per vendere successi che non esistono e che addirittura arrivano ad appropriarsi del nome di Enrico Mattei per sostenere di praticare una politica estera fondata sugli interessi nazionali, quando non esiste una vera politica estera in questo senso, ma solo una interminabile serie di viaggetti in giro per il mondo e di foto da reti sociali per far credere che ci sia quello che invece non c’è.

L’Italia è in un guado politico. La Meloni sin dal primo istante ha chiaramente rifiutato di assolvere alle funzioni di Draghi perché sa bene che le condizioni che garantivano l’esistenza di quella tecnocrazia mischiata ai partiti sono venute meno.

Lo stesso uomo del Britannia sembra lanciare degli appelli di SOS quando invita i poteri comunitari ad adoperarsi per dare vita al superstato europeo concepito dal suo primo architetto, il famigerato Conte Kalergi.

Non esistono però le condizioni per giungere ad una simile transizione. Oggi vediamo che gli Stati nazionali stanno riconquistando la sovranità che avevano prima avocato alle istituzioni sovranazionali. E’ la chiusura reale e definitiva del XX secolo e del secondo dopoguerra che aveva soppresso i poteri degli Stati nazionali.

Nessuno, in altre parole, oggi può più fare nulla per tenere in piedi questa baracca che scricchiola da tutte le parti.

Sono tutti sospesi. La macchina della storia si è messa in moto e chi proverà a mettersi sulla sua strada finirà schiacciato.

Non appena ci sarà il casus belli che porterà alla caduta di questo governo, il panico raggiungerà vette ancora più elevate perché sono tutti consapevoli che dopo la Meloni non c’è un suo sostituto.

Lo sanno anche i tecnici che si tengono tutti molto lontani da palazzo Chigi, consci che il tempo delle tecnocrazie è finito non appena è venuta meno l’architrave del globalismo che le sorreggeva.

Un abituale peone dei banchi di Montecitorio quale Carlo Calenda è stato il primo a dire che occorrerà fare del tutto per sorreggere la Meloni in caso di crisi del suo governo anche se la prima che ha scarsa voglia di restare a palazzo Chigi pare essere proprio lady Aspen che fino ad ora ha compiuto un record di viaggi all’estero superando di gran lunga i suoi predecessori per stare il più lontana possibile dalla sede del governo.

Questa situazione di vuoto politico e di rifiuto di governare non potrà durare e non potrà essere riempita dal marketing dei consiglieri della Meloni.

Vediamo che si cercano anche di montare dei casi per costruire altre false emergenze e rivitalizzare l’agenda liberal-progressista attraverso l’isteria femminista.

Lo abbiamo visto attraverso il caso Cecchettin ma la risposta dell’opinione pubblica italiana è stata accompagnata da indifferenza e spesso da ostilità.

A Padova, durante il funerale della giovane veneta è stato allestito un vero e proprio show e sono stati chiamati, come ci hanno confermato fonti del posto, eserciti di figuranti portati con i pullman per provare a vendere l’illusione che gli italiani siano stati commossi da questa storia.

Una storia che tra l’altro non è stata chiarita in molti dei suoi punti chiave e che abbiamo la sensazione potrà riservare delle sorprese prossimamente una volta venuto meno l’attuale sistema politico.

Non c’è nulla da fare dunque. Siamo nella fase dell’accanimento terapeutico. Siamo all’utilizzo di stratagemmi e montature mediatiche che nulla cambiano ciò che riguarda la situazione della politica italiana.

I problemi reali non andranno via e il 2024 sembra essere un anno realmente decisivo per provocare la caduta definitiva di un edificio, quello del sistema politico italiano, già pericolante da un pezzo.

L’orizzonte delle elezioni europee appare ancora lontanissimo e non potrà fare molto per arrestare questa crisi.

Al massimo potrà servire a distribuire qualche fondo ai vari partiti ma stavolta la torta per molti di essi sarà molto più piccola.

A questo poi deve considerarsi che la crisi delle istituzioni comunitarie appare altrettanto profonda e pensare che fuggire a Bruxelles possa mettere fine al processo storico in corso significa soltanto illudere sé stessi.

È infatti in crisi tutta l’impalcatura sulla quale si fonda il potere dell’UE e quello di conseguenza dell’establishment italiano.

È l’architettura tutta dell’anglosfera che si sta sbriciolando. Stanno crollando 80 anni di (dis) ordine liberale atlantico e questo non può portare alla fine di quei microsistemi che appartengono a questo macro-apparato geopolitico.

Ed ecco che tutti i partiti si ritrovano in questo guado. Noi pensiamo che sia arduo per questo esecutivo, e soprattutto, in queste condizioni superare la durata del governo Draghi, di 1 anno e 8 mesi, compreso il disbrigo degli affari correnti.

A noi appare evidente che basta un soffio o un movimento appena scomposto per far crollare questo governo e imprimere un’accelerazione definitiva alla crisi in corso.

Quando, e non se, questo accadrà, l’Italia entrerà in una fase nuova, e il 2024 sembra avere tutte le caratteristiche per compiere simile processo anche in vista delle presidenziali americane e del ritorno ufficiale di Trump alla Casa Bianca che sta tormentando i piani più alti del potere mondialista ormai in dismissione.

Siamo al tramonto di un’epoca storica e politica e siamo vicini all’alba di una nuova fase storica e politica.

È un passaggio fondamentale per l’Italia e per l’Europa che si spera siano in grado di trovare presto nuovi leader.

Dall’altra parte ci sono acque inesplorate ma appaiono molto più rassicuranti e soprattutto molto più terse delle paludi della liberal-democrazia in mano a massoni di vario rango e capibastone della mafia al servizio di questi.

La Russia ha vinto in Ucraina? Si, già da tempo

Filippo Sardella
Presidente at Istituto Analisi Relazioni Internazionali – Analista geopolitico

Fin dall’inizio delle ostilità sono stato tra quelle poche persone a reputare difficile sia una vittoria russa, intesa come intera occupazione del territorio ucraino, sia una totale riconquista dell’esercito di Kiev del proprio territorio orientale occupato dai russi. 
Pochi, incomprensibilmente, capirono il ragionamento analitico e, forse, presi da spirito partigiano bollarono chi, come il sottoscritto, ragionava su principi reali come filo-putiniani. Del resto, però, la tesi che esponevo non sembrava difficile da capire e, ad oggi, dopo quasi due anni di guerra ininterrotta, sembra che il tempo mi abbia dato ragione.
La base del mio pensiero era semplice, l’Ucraina doveva reperire i propri approvvigionamenti militari, offensivi e difensivi, all’estero, mentre la Russia possedeva già una linea di approvvigionamento più immediata, data la prossimità e la continuità territoriale con l’Ucraina. Kiev, quindi, doveva sperare in aiuti di Stati terzi, spesso in disaccordo sul da farsi e scoordinati; Mosca, invece, aveva già un’economia ben pianificata ad affrontare un conflitto di lungo periodo e logorante.
Del resto, sostenevo molto chiaramente che quando si ha una linea di approvvigionamento contigua, ciò significa che le risorse e i rifornimenti possono essere inviati direttamente al fronte; questo offre un vantaggio immediato in termini di prossimità geografica. Le truppe e le forniture possono essere trasportate più rapidamente e a costi logistici inferiori. La comunicazione è più efficiente, consentendo una risposta più rapida ai mutamenti sul campo di battaglia e la presenza fisica delle forze armate lungo la linea di approvvigionamento offre una maggiore sicurezza contro attacchi nemici, rendendo la difesa delle linee di approvvigionamento più gestibile.
Tuttavia, ci sono anche possibili svantaggi nella contiguità geografica, quelli di cui avrebbe dovuto godere la controffensiva ucraina durante la cosiddetta “controffensiva di primavera“; una linea di approvvigionamento contigua, infatti, può diventare vulnerabile se il nemico, approfittando della vicinanza geografico-logistica, riesce a penetrare il fronte, interrompendo rapidamente l’approvvigionamento.
Per quanto concerne l’Ucraina, invece, dipendere da Paesi lontani offre diversi vantaggi, come la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, la capacità di offrire risorse e tecnologie che potrebbero non essere disponibili localmente (migliorando le capacità militari complessive) e le rotte di approvvigionamento possono essere più difficili da individuare e attaccare per il nemico, specialmente se protette da forze navali; tuttavia esistono anche svantaggi significativi. 
I tempi di consegna prolungati a causa della distanza possono influenzare la prontezza operativa e la capacità di rispondere rapidamente ai cambiamenti sul campo di battaglia, il trasporto da lunghe distanze è costoso, sia in termini finanziari che di risorse umane e gli eventi globali come conflitti in altre regioni (il caso del conflitto Israele – Hamas è un esempio) possono interrompere le rotte di approvvigionamento e dirottare parti degli aiuti in altre parti del globo considerate più a rischio, compromettendo la continuità dell’approvvigionamento.
Quanto appena esposto è stato uno dei fattori principali che ha portato il mio ragionamento analitico a dedurre che una vittoria russa era possibile fin dall’immediato inizio della guerra, dove per vittoria si intende non l’intera occupazione dell’Ucraina, bensì il conseguimento di nuovi territori da annettere alla Russia.
Giunti a dicembre 2023, quasi due anni dopo lo scoppio delle ostilità, appare chiaro anche a gran parte degli osservatori internazionali, che una vittoria russa è possibile, dato che, al contrario di quanto più volte annunciato dal Presidente Zelensky, sembra che l’esercito ucraino non solo non riuscirà a riprendere la Crimea, ma non sembra neppure in grado di riacquisire gli ex territori ucraini del Donbass. 
La controffensiva ucraina non ha raggiunto i propri obiettivi e la guerra sembra essersi diretta verso una fase di stallo dove per entrambi gli eserciti risulta più conveniente continuare a difendere le proprie posizioni che avanzare nel tentativo di conquistare nuove posizioni.
Se la tattica difensiva premia Mosca da una parte, condanna Kiev dall’altra e, in questo caso, risulta determinante proprio il campo di battaglia per le future scelte politiche dell’Ucraina. 
Se l’Ucraina si ritira, il dissenso a Kiev diventerà più forte e non solo; in Occidente si inizierà a pensare, infatti, che il sostegno, in termini di armi e denaro, sia solo uno spreco. 
Situazione diametralmente opposta per la Russia che, nel 2024, avrà una capacità bellica maggiore e migliore, dato che disporrà di più droni e proiettili di artiglieria.
Il forte sostegno occidentale all’Ucraina potrebbe essere stato un boomerang per Kiev?
Il fortissimo sostengo Occidentale all’Ucraina, ad una valutazione più attenta, potrebbe avere determinato anche la sua debacle sul campo di battaglia. Il vigoroso supporto ricevuto da Kiev da parte di numerosi Paesi alleati degli USA ha avvantaggiato Putin nel trovare sostegno da tutti quei Paesi che sono in rotta o che mal digeriscono la politica estera USA; in breve, la crociata di Washington contro Mosca, costi quel che costi purché la Russia venga sconfitta, ha determinato la creazione, con altrettanta veemenza, di un contro-movimento a supporto della Russia. 
I droni dall’Iran e i proiettili di artiglieria dalla Corea del Nord, Turchia e Kazakistan diventati canali per le merci che alimentano la macchina da guerra russa e il sud globale, disinteressato da ciò che accade in Europa e quindi meno interessato a supportare l’Ucraina e le politiche di sostegno Usa al Paese, sono solo alcuni dei numerosi esempi che si potrebbero fare.  Oltre a questo è saltato lo schema per diminuire le entrate petrolifere russe limitando il prezzo del suo greggio a 60 dollari al barile in quanto è nata una struttura commerciale parallela è emersa.
La vittoria della politica interna: Mosca vs Kiev
Le guerre hanno bisogno soprattutto di sostegno interno e di un opinione pubblica che le supporti e, anche sotto questo aspetto, Putin sta vincendo. L’opinione pubblica russa, di certo, così come gran parte dei cittadini russi, non amano la guerra, ma di fatto si sono abituati ad essa e alle sue conseguenze, ovvero ad essere lo Stato più sanzionato al mondo. Proprio le sanzioni hanno fatto sì che l’élite economico-finanziaria, legata spesso a posizioni di vertice del mondo politico, rafforzasse la presa sull’economia. Questo ha generato tre specifiche storture per l’Occidente:
le sanzioni non hanno funzionato e, paradossalmente, si ritorcono in parte contro chi le ha applicate;
gli uomini di potere che fanno parte del mondo economico, ma che hanno legami con il mondo politico, vedono nel prosieguo della guerra un vero e proprio interesse economico;
lo Stato russo può permettersi di pagare uno stipendio molto lauto alle famiglie di coloro che combattono e un’ottima pensione per coloro che muoiono.
A Kiev, invece, si iniziano a vedere le prima spaccature all’interno del governo. Il presidente Zelensky e Valery Zaluzhny, il suo generale più anziano, hanno iniziato una guerra dialettica interna, volta l’uno a smentire l’altro; inoltre i sondaggi, alla luce dei recenti e continui scandali di corruzione, mostrano i cittadini ucraini in forte preoccupazione per il futuro del loro Paese.
I governi occidentali sembrano non vedere l’ora di smarcarsi dal conflitto ucraino che qualora si stabilizzare, come sembra di fatto essere, rischia di diventare un “mutuo a lungo termine” per gli Stati sostenitori di Kiev. 
Negli Stati Uniti l’amministrazione Biden sta lottando per far approvare al Congresso finanziamenti per un valore di oltre 60 miliardi di dollari, cosa che, meno di un anno fa, sarebbe stata decisamente più semplice. 
L’Unione europea ha promesso all’Ucraina 50 miliardi di euro (56 miliardi di dollari), ma il denaro viene trattenuto dall’Ungheria e, forse, da un pasticcio di bilancio in Germania. A dicembre l’UE dovrebbe segnalare che è pronta ad avviare i colloqui per l’adesione dell’Ucraina anche se molti credono che il processo sarà intenzionalmente bloccato perché l’allargamento è difficile e minaccia gli interessi acquisiti. 
La guerra in Ucraina, come era prevedibile, a meno di un intervento diretto degli Stati Uniti o della NATO è improbabile che veda vincitori gli stessi ucraini, per il bene di tutti e quindi, data la situazione di stallo attuale, non resta che aspettare degli auspicabili colloqui di pace.

Ragazzi, andate in piazza. Ma per liberare le vostre menti dai lager del pensiero unico

Cari ragazzi

che di nuovo vi siete buttati anima e corpo a recitare il copione già scritto che qualcuno vi ha messo in mano, provate almeno una volta a fare lo sforzo di leggerlo e di capirlo, prima di andare in scena. Prima di unirvi al coro (al chiasso) che si è raccolto a segnale, prendete uno per uno gli slogan che avete trovati già pronti da martellare sui social e da strillare nelle piazze e nelle scuole, e chiedetevi quale senso abbiano – perché un senso ce l’hanno – e come mai il loro suono, per frequenza e intensità, sia tale da penetrare dentro di voi fino a scavarci una tana. E da lì corrodere pian piano i tessuti, come fa un parassita.

Davvero pensate che l’allestimento imponente spuntato fuori all’indomani di un tragico fatto di cronaca nera sia il frutto di una straordinaria convergenza di idee e di azioni, scaturite da un’ispirazione spontanea del bravo cittadino collettivo? Sul serio credete, rispondendo al precetto, di incarnare la nuova gioventù ribelle, paladina di una società migliore di quella logora e decadente che vi abbiamo consegnata in eredità?

Che vi stiamo servendo un mondo avvelenato e putrescente, è fuori di ogni dubbio. Che abbiate la voglia di risanarlo, è cosa buona e giusta: siete voi, domani, a doverlo vivere. Lo slancio ideale, per ragioni quantomeno anagrafiche, vi appartiene per legge di natura. Ma questo straordinario potenziale di energia, insito in ognuno di voi, lo state dissipando in forme di obbedienza irriflessa che è il contrario esatto dell’antagonismo creativo, intelligente, a un sistema che vi vuole tutti succubi. Uguali. Devoti.

Vi siete assuefatti, ormai, alle manifestazioni preconfezionate, addirittura agli scioperi farlocchi promossi da un’opaca istituzione autoritaria ma senza autorità. È una trovata geniale nella sua patente idiozia: lo sciopero, che incarna per antonomasia l’arma del soggetto debole contro il potere, è diventato il mezzo con cui lo stesso potere rastrella adepti per il suo tornaconto, regalando loro, in unica soluzione, tanto l’ebbrezza della (finta) trasgressione, quanto il comfort della piena approvazione sociale.

Si tratta di quello stesso potere che non molto tempo fa, col pretesto di un’emergenza sanitaria, vi ha sequestrati, isolati, colpevolizzati e ricattati e voi però allora siete stati zitti, perché vi è mancato lo sparo del via e il suggeritore delle battute da mandare a memoria. E avete anche accettato, senza fiatare, di esibire un lasciapassare per bere uno spritz. Oltre che per prendere un treno, per entrare in un cinema, per fare due tiri al pallone. Dall’esperimento siete usciti distrutti, e i suicidi non si contano più. Ma questi non sono delitti di Stato: no, lo Stato quella volta non vi ha detto di chiamarli così. Anzi, ve lo ha espressamente vietato, così come ha punito in modo implacabile, disumano, ogni minima infrazione al ferreo catechismo biosecuritario e ai suoi rituali grotteschi.

Di fronte a tanti plateali controsensi, non vi sorge il dubbio che vi stiano facendo aderire a un piano che non è vostro piano? Elaborato, anzi, per dispiegarsi contro di voi e la vostra vita? 

Provate a scavare un po’ sotto i lemmi ossessivi smerciati dalla centrale, arrivate fino alla fonte. Scoprirete un programma, apparecchiato per filo e per segno negli organismi sovranazionali (ONU e dintorni) e da lì diffuso sottoforma di agende di cui vi prestate a essere esecutori inconsapevoli e zelanti.

Certo, costa fatica cercare oltre l’apparenza, frugare dietro le parole d’ordine, indagare le cause e gli effetti di ciò che avviene intorno a voi. Ci vuole tempo, intraprendenza, buona volontà, e probabilmente strumenti che nessun “educatore” si premura più di fornirvi e dovreste conquistarvi da soli: uno sforzo non richiesto se ci si lascia trasportare a peso morto dall’onda di piena mediatica senza chiedersi alcun perché.

Evidentemente, in mezzo ai mucchi di paccottiglia ideologica con l’etichetta di “educazione civica” che vi tocca ingurgitare a scuola per legge, non c’è spazio per i principi basilari della civiltà giuridica della quale in Italia ci vantiamo pure di essere culla. Per esempio, il principio per cui la responsabilità penale è personale. Oppure quell’altro, che stabilisce come il bene della vita va protetto in sé e per sé, indipendentemente da chi ne abbia subito l’offesa. La vita del padrone vale quanto la vita del servo della gleba: questa conquista della storia umana viene calpestata ogniqualvolta si insinui l’idea regressiva che la gravità di un omicidio si misuri in ragione della qualità della vittima – del suo sesso, della sua razza, delle sue opinioni politiche, del suo credo religioso, delle sue condizioni morali o sociali, di chissà cos’altro – perché così si spalanca la porta all’arbitrio del più forte, e alla barbarie di ritorno. La stessa che alligna dietro la colpevolizzazione generale per un reato individuale.

Per questi e per mille altri motivi, prendetevi il tempo della riflessione. 

Pensate solo come nelle società dove brilla da tempo il sol dell’avvenire, dove le donne sono più “emancipate” e i vincoli famigliari praticamente dissolti, dove la figura paterna è evaporata nell’indistinto e di fatto non esiste più, lì la violenza si impenna. Come si spiega questo strano fenomeno se la colpa è tutta di ciò che, a comando, chiamate “patriarcato” pretendendo di buttare via, insieme a una formuletta senza fondamento, i tratti costitutivi del maschio e del padre? Siete convinti davvero di cancellare le violenze cancellando la virilità e la fortezza d’animo, la responsabilità e l’attitudine alla protezione dei più fragili, delle donne e dei bambini? 

Invece di combattere contro l’oppressione delle idee, vi concedete come carne da cannone alla più becera propaganda. È importante che realizziate presto l’inganno, perché anche voi siete chiamati, come i vostri padri e le vostre madri, a essere custodi della vita e della sua potenza creatrice. Il motore del mondo, che risponde a leggi invincibili, esige la complementarità.

Elisabetta Frezza

PACCHI NATALIZI ed e’ subito festa

E’ l’ora dei regali, ma anche di una realtà che non ci permette di disporre di grandi cifre, per questo motivo vi diamo una indicazione utile, fate un bel pacco dono con dolci o cose salate, che cosa può esserci di meglio per festeggiare insieme?

seguite questo link e troverete di tutto e di più

PACCHI NATALIZI PER VOI E I VOSTRI CARI ..

CESTI NATALIZI ALIMENTARI