La violenza giovanile

Di Tito TETTAMANTI

Non può non preoccupare il succedersi di resoconti nei quali si riferisce di atti di bullismo, di violenza, di scontri tra minori. Un ragazzino massacrato a furia di pedate in un agguato tesogli da un branco di compagni, gli scontri tra gruppi che si affrontano talvolta muniti di coltelli e corpi contundenti, incidenti durante riunioni di svago. Fatti che si ripetono ovunque nel Cantone. Ciò vale anche per il resto della Svizzera dove aumenta la violenza aumentando i tentativi di rapina, di ricatto e di attacchi con lesioni personali da parte di minori.

Da una statistica svizzera relativa ai minorenni in testa abbiamo i furti nei negozi, seguiti dai vandalismi e dagli scontri di gruppo.

In Ticino 1.294 gli incarti aperti presso la magistratura dei minorenni con 904 condanne nel 2022.

La magistrata dei minorenni, confrontata con un compito più che impegnativo, ritiene di individuare il problema di fondo nella mancanza di punti di riferimento solidi e stabili, e ciò nella società, nella famiglia ma anche nelle istituzioni.

Dinanzi all’acuirsi di tale fenomeno si impone una severa riflessione su cause e responsabilità. Sul banco degli imputati vanno messi la società, l’educazione (famiglia e scuola), l’Autorità. Per la società quale teste dell’accusa chiamo Marcello Veneziani. Con il suo libro «Scontenti, perché non ci piace il mondo» analizza l’oscuro malessere contemporaneo che induce ad essere negativi e ribelli, ci fa sentire continuamente inappropriati. Ad esempio «non più diritto al lavoro, lavorare meno per lavorare tutti, ma un diritto al non lavoro per sottrarsi allo sfruttamento padronale». Il rifiuto dell’ordine sociale, una liberalizzazione sessuale oscillante tra il bigottismo nelle espressioni e il libertinaggio nei rapporti. Mai la pornografia è stata tanto diffusa. Nel contempo la commissione consultoria per l’esame di pubblicità sessista della Città di Losanna fa ritirare i cartelloni pubblicitari della Toyota perché oltre all’auto figura una donna, in corretto abbigliamento, ma che potrebbe con la presenza attirare l’attenzione sull’auto. Una società disorientata e confusa, una società che sostiene spesso cause anche legittime ma con acredine, che trasmette ai giovani ansie e ribellione, non certo sicurezza.

Per quanto concerne la famiglia, nell’ambito dell’educazione ricorro alla testimonianza dell’intellettuale francese Michel Onfray, non certo un bacia pile, che constata come la famiglia sia diventata un peso che condiziona la libertà del «single», la famiglia si è sfasciata, domina quella monoparentale con tutte le sue difficoltà e ai giovani spesso manca un alveo protettivo. Buonismo e lassismo sono sovente un’ottima scusa per non assumere responsabilità assorbenti e impegnative.

Riguardo alla scuola una volta la raccomandazione era «impegnati, sforzati, vedrai che ce la puoi fare, avrai successo», oggi per contro «non preoccuparti (impegnarti), il non riuscire è un tuo diritto». Non stimoliamo quelli che possono riuscire per non umiliare gli altri. Poi a 10 anni si spiegherà che si può cambiare sesso. In Italia un giudice ha obbligato una scuola a promuovere un allievo bocciato, pensando di saperne più dei docenti. Questo allievo arriverà impreparato alla classe superiore, farà sempre maggior fatica a seguire non avendo avuto la possibilità di eventualmente ricuperare. Peggio, avrà magari capito che non contano studio o capacità ma i contatti e i giudici giusti per riuscire.

Non conosco nessun libro che descriva le condizioni della scuola da noi. Per quanto concerne le desolate situazioni in Italia e in Francia chiamerò a teste due autori, Luca Ricolfi con i suoi libri per l’Italia e Lisa Kamen-Hirsig, docente e autrice del libro «La Grande Garderie» per la Francia. Racconta tra l’altro un episodio nel quale ha punito due violenti maramaldi che quotidianamente bullizzavano un loro compagno rubandogli anche le vivande portate da casa. Per ordine di un pavido ed inetto direttore, impaurito dai genitori, ha dovuto annullare la sanzione. Chiaro il legame tra permissività e diffusione della violenza.

Quale ultimo teste a proposito dell’Autorità cito don Maurizio Patricelli, parroco di Caviano presso Napoli, centro di commercio e spaccio di droga ed altre attività criminali dove, tra le altre nefandezze, con il silenzio complice della collettività, due ragazzine dodicenni erano soggette a ripetute violenze sessuali. Don Patricelli chiede all’Autorità di essere presente sul territorio, assumere le proprie responsabilità. La convivenza per essere armoniosa esige delle regole che però non hanno alcun impatto se l’Autorità non ne assicura il rispetto.

Correnti di pensiero molto attive vedono negli atteggiamenti di mancata assunzione di responsabilità che ho denunciato passaggi obbligati e difendibili, necessari, per realizzare una società diversa dall’attuale e nella loro visione più giusta. È loro buon diritto nell’ambito del dibattito democratico. Questo atteggiamento deve però preoccupare, ma ancor più preoccupa la disattenzione, sia pure con motivazioni e origini diverse, e l’inerzia di coloro che dovrebbero difendere valori e cardini della nostra società.

Fonte