La fine del dollaro e il mondo multipolare finanziario

di Cesare Sacchetti

Quando si pensa al dollaro, si pensa a qualcosa di più che una semplice moneta. Il dollaro è stato una vera e propria arma finanziaria nelle mani di determinati poteri che lo hanno utilizzato per punire coloro che si disallineavano dagli interessi e dalla volontà della finanza internazionale.

Il dominio del dollaro sui mercati internazionali nasce quando si afferma a Bretton Woods nel 1944 il sistema economico mondiale che tuttora domina, o forse dovremmo dire già dominava, i mercati mondiali.

Quando le potenze dell’anglosfera si riuniscono nella località dello stato del New Hampshire nell’albergo Mount Washington vengono eretti i pilastri della finanza e dell’economia mondiale.

E tali pilastri hanno portato alla creazione di istituti finanziari quali i controversi FMI, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca mondiale e il dollaro come valuta di riserva globale.

Vedremo perché la definizione di controversi è anche alquanto generosa successivamente. Ciò che rileva ora è mettere in evidenza come verso la fine della seconda guerra mondiale si stava consumando un passaggio epocale.

È il passaggio nel quale lo Stato nazionale viene essenzialmente svuotato delle sue tradizionali prerogative e imprescindibili poteri.

Il 900 è stato fino al 1945 il secolo delle nazioni e i tentativi di trasferire la sovranità degli Stati nazionali verso organizzazioni sovranazionali erano falliti prima della seconda guerra mondiale.

Il più noto tentativo di creare

consesso sovranazionale nel quale gli Stati fossero costretti ad obbedire alla volontà di un corpo al di sopra della volontà dei singoli Paesi è stato con l’istituzione della società delle nazioni, promossa fortemente dal presidente americano Woodrow Wilson dopo la fine della prima guerra mondiale.

I conflitti globali hanno assolto in questo senso una funzione molto precisa nell’ottica dei poteri finanziari che premevano perché le nazioni fossero private della loro indipendenza a sovranità nazionale.

I conflitti hanno assolto alla funzione di un riordino degli equilibri globali e sono serviti a soddisfare la volontà di quelle forze che si sono imposte sugli Stati nazionali dal 1945 in poi.

Potremmo affermare in questo senso che la seconda guerra mondiale è riuscita, purtroppo, laddove la prima aveva fallito.

Con la nascita delle Nazioni Unite e delle altre istituzioni internazionali stabilite a Bretton Woods, lo Stato nazionale diventa suo malgrado un comprimario, e questo vale soprattutto per i Paesi europei, ridotti al ruolo di comparse dopo la guerra la cui politica veniva scritta e orientata da quelle lobby che la facevano da padrone a Washington.

Così nasce il potere dell’anglosfera non solo sul piano militare attraverso la NATO ma soprattutto attraverso il braccio economico armato del dollaro e di Washington che verrà usato come un bastone contro coloro che oseranno opporsi agli interessi del nascente impero.

A Bretton Woods viene deciso che il dollaro americano è la valuta di riserva globale negli scambi internazionali e ciò significa esercitare un immenso e insopportabile potere verso tutti coloro che sono privi della facoltà di stampare tale moneta.

In principio, il sistema era fondato sulla parità aurea, ovvero a rendere il dollaro la valuta utilizzata negli scambi internazionali era il fatto che gli Stati Uniti garantissero la sua convertibilità in oro.

Giscard D’Estaing, presidente francese e personaggio poco raccomandabile dato il suo probabile coinvolgimento nell’abbattimento del DC-9 di Ustica nel 1980, aveva affermato tuttavia una verità ineccepibile su tale questione.

Quanto avevano e hanno ancora in parte a disposizione gli Stati Uniti era un “esorbitante privilegio”.

Il solo fatto di possedere tale valuta e di poterla stampare a comando assicura agli USA la capacità di importare qualsiasi merce in maniera virtualmente illimitata dal momento che fino a quando si stampa il dollaro non c’è affatto il rischio di rimanere a corto di questa moneta.

Nel 1973, il presidente Nixon mette fine anche all’unica caratteristica che poteva dare una vaga legittimità a questo sistema rinunciando alla conversione in oro.

Gli Stati Uniti non avevano più intenzione di continuare a garantire la convertibilità nel metallo pregiato per timore di esaurire le riserve in oro, necessarie per difendere il cosiddetto gold standard.

Da allora, l’unica cosa che garantisce al dollaro il suo status non è altro che la politica o meglio la geopolitica.

Washington stabilisce con l’Arabia Saudita, suo alleato principale nel Medio Oriente assieme allo Stato di Israele, l’accordo che darà vita al petrodollaro.

Riyad acconsentì allora di accettare il dollaro americano come unica moneta utile per l’acquisto di petrolio e questa è stata l’unica condizione che ha salvato lo stato di valuta di riserva globale del biglietto verde.

Il dollaro come strumento di terrorismo finanziario

Le lobby di Washington non potevano perdere il dollaro perché esso, come detto all’inizio di questa analisi, non è una moneta, ma un’arma.

E questa arma è stata usata scientificamente contro quei Paesi che si sono opposti all’imperialismo americano come l’Iran dopo la rivoluzione islamica che è stato seppellito di sanzioni ed estromesso dal commercio in dollari.

Stessa sorte è toccata all’Iraq di Saddam Hussein, “amico” di Washington negli anni 80 quando serviva per lanciare la guerra contro l’Iran, e nemico negli anni successivi proprio quando stava iniziando a considerare la possibilità di non accettare più il dollaro per il petrolio iracheno.

Un’idea che era stata considerata anche da Gheddafi ucciso nel 2011 dalla NATO, il braccio armato dell’anglosfera.

Chiunque prendesse in considerazione di non utilizzare il dollaro negli scambi internazionali veniva brutalmente rimosso o ucciso perché l’ordine della seconda guerra mondiale prevedeva che fossero gli Stati Uniti e la sua moneta i garanti dell’impero.

E nella struttura dell’impero ci sono ovviamente anche il FMI e la Banca mondiale divenuti entrambi famigerati per la loro politica di strozzinaggio nei confronti di quelle nazioni in via di sviluppo che in cambio di prestiti con condizioni che definire usuraie è riduttivo erano poi costrette a svendere e privatizzare tutte le loro risorse strategiche a quel conglomerato di corporation che dominava Washington.

Nei casi più estremi si estrometteva dal sistema di pagamenti Occidentale, il celebre Swift, come capitato al Vaticano nel 2012 quando la finanza internazionale ordinava a Ratzinger di dimettersi non tanto per una sua vera opposizione ai piani del mondialismo ma per quella che è stata giudicata da tali ambienti come una non efficiente esecuzione di questi.

Tutto questo non è stato altro che una forma di terrorismo finanziario utilizzato per ingerire nella sovranità delle altre nazioni desiderose di seguire una politica che facesse i propri interessi e non quelli dei gruppi di potere che regnavano a Washington.

La de-dollarizzazione e il multipolarismo finanziario

Questo dominio però sta cambiando e sta venendo rapidamente meno perché gli eventi degli ultimi due anni stanno portando ad un fenomeno che non ha precedenti dal 1945.

Il potere del dollaro si sta progressivamente erodendo. Se si dà uno sguardo agli scambi internazionali, si noterà che ad oggi la moneta americana è utilizzata solamente nel 59% delle transazioni internazionalimentre solamente fino a pochi anni fa, era saldamente superiore al 70%.

E tale percentuale continua a scendere molto rapidamente.

Il mondo sta rinunciando al dollaro e lo strumento di ricatto di Washington perde la sua forza.

Sono due principalmente le circostanze che stanno portando alla fine della dollarizzazione.

La prima è il cambio di politica da parte degli Stati Uniti che dal 2016 in poi quando si è imposta la dottrina sovranista di Trump hanno preso una strada in netta contrapposizione con gli apparati del globalismo.

Tale dottrina come spiegato in diverse occasioni non si è interrotta nemmeno sotto la presidenza Biden che non ha spostato praticamente nulla da quando Trump ha lasciato Washington ma che anzi sta persino paradossalmente accelerando questo processo.

La seconda è la nuova struttura economica alla quale stanno lavorando i BRICS. I BRICS a differenza dell’anglosfera non sono fondati sulla supremazia di un determinato blocco nei confronti delle nazioni.

Non c’è una posizione imperialista ma una di rispetto della sovranità degli Stati nazionali. Il sistema economico dei BRICS prevede principalmente l’utilizzo delle varie valute nazionali negli scambi per non assegnare a nessuno una supremazia sull’altro.

Non è ancora chiaro se i BRICS sono interessati a creare una moneta alternativa negli scambi ma se lo faranno non sarà probabilmente nell’ottica di dare vita ad una valuta di riserva globale di cui dispone uno Stato a piacimento mentre gli altri sono tagliati fuori.

L’idea è quella di garantire una parità non solo politica ma anche economica per non creare gli squilibri visti dalla seconda guerra mondiale in poi.

Per l’Italia, questa è un’occasione pressoché unica. Al momento, il Belpaese sta affrontando un processo di disgregazione politica della sua classe dirigente che si ritrova di fronte ad un inevitabile declino, vista la fine dell’ombrello protettivo di Washington.

Negli anni passati quando si affrontava il dibattito sull’uscita dall’euro, i propagandisti della moneta unica sostenevano che saremmo stati tagliati fuori dagli scambi internazionali se fossimo tornati alla lira.

Ciò era, ed è, ovviamente una crassa bugia perché anche con il precedente sistema fondato sul dollaro nessuno vietata e vieta all’Italia di utilizzare altre valute di scambio come stanno facendo i Paesi dei BRICS per acquistare le materie prime.

Tutto passa da una geopolitica che non sia quella scritta a Londra, Bruxelles e Washington ma quella finalmente scritta a Roma negli interessi esclusivi dell’Italia.

Una volta venuto meno il potere del dollaro viene meno anche quell’arma di ricatto finanziaria che è stata utilizzata nei confronti di molti leader per diversi decenni.

A proposito della fine del dollaro come valuta di riserva globale, qualcuno potrebbe chiedersi legittimamente che fine farà il biglietto verde in caso di de-dollarizzazione ultimata.

Non sparirà dalla circolazione ma sarà certamente usato negli Stati Uniti in quanto esso è comunque una valuta legata ad uno Stato a differenza dell’euro.

Gli Stati Uniti in questo scenario perderebbero il loro esorbitante privilegio ma sarebbero in grado di investire di più sulle produzioni nazionali riducendo le importazioni che spostano il lavoro altrove.

La moneta che rischia di sparire del tutto è invece proprio l’euro che non è emessa da una banca centrale nazionale ed è stampata da una banca centrale, la BCE, che non presenta le caratteristiche di una banca centrale classica.

La BCE non è soggetta al potere degli Stati europei e non garantisce il debito pubblico di nessuno di essi.

Anche se essa si chiama Banca centrale europea non è una vera banca centrale. È un’anomalia concepita dalla finanza europea per poter sottrare gli Stati della loro sovranità monetaria e costringerli ad indebitarsi sui mercati internazionali per potersi finanziare.

Il multipolarismo sta inaugurando una fase nuova, pressoché inedita. Non è solo amputato il braccio armato militare dell’anglosfera ma anche quello finanziario ed economico.

Il futuro delle relazioni internazionali sembra essere diretto verso un ritorno in vita definitivo dello Stato nazionale ucciso dall’anglosfera nel 1945.

E a giudicare dalla rapidissima evoluzione dei contesti internazionali e dall’avanzata dei BRICS che hanno aggiunto nuovi membri, tra i quali l’Arabia Saudita che si distanzia sempre più da Washington, non è azzardato affermare che nel giro di pochi anni questo processo sarà completato.

Il mondo sta passando dalla globalizzazione spinta degli anni 90 ad una rapida deglobalizzazione.

È in questo passaggio che ci saranno cambiamenti epocali per organizzazioni quali l’UE il cui establishment non sopravviverà a tale transizione.

Se le istituzioni sovranazionali sono state le indubbie protagoniste del XX secolo, le protagoniste del XXI secolo sembrano essere a tutti gli effetti le nazioni dotate nuovamente di poteri e piena sovranità.

Da La Cruna dell’ago

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