Quella tradizione filo-araba dell’Italia uccisa dal golpe di Mani Pulite

di Cesare Sacchetti

C’era una volta la Prima Repubblica e chi segue questo blog sa che non siamo esattamente dei grandi appassionati del sistema liberal-democratico uscito dal biennio 1946-48.

La classe politica della Prima Repubblica infatti non era altro che una creatura politica della cosiddetta Repubblica dell’anglosfera nata sotto una tenda militare nel 3 settembre del 1943 quando fu firmato il famigerato armistizio di Cassibile.

Da allora, l’Italia ha smesso di avere una sua autonoma politica estera. Ha smesso di essere un Paese che prendeva autonomamente le sue decisioni ed era padrone del suo destino.

I padroni del destino dell’Italia si sono trasferiti da Roma a Washington e Londra, ovvero in quelle sedi dove si custodiscono le leve del potere del mondo dell’anglosfera.

Quando la Repubblica nacque lo fece sul tradimento di Cassibile e su un’altra grande frode che avvenne il 2 giugno del 1946 quando il popolo italiano venne chiamato a scegliere se restare una monarchia oppure divenire una repubblica.

Gli italiani avevano scelto ma non ciò che è uscito dal risultato “ufficiale”. Centinaia di migliaia di schede elettorali che esprimevano la preferenza per la repubblica furono stampate dal nulla e sono state ammucchiate nei sotterranei del palazzo del Viminale.

Ancora oggi è utile leggere la testimonianza del brigadiere Tommaso Beltotto per comprendere come la Repubblica anglo-americana sia sorta su una massiccia frode elettorale.

Questo volevano a Washington, questo volevano a Londra, e così nacque la Repubblica che si diede una costituzione nel 1948 in un’assemblea costituente presieduta da diversi iscritti alle logge massoniche.

L’attuale sistema costituzionale ha creato delle disfunzionalità così evidenti volute esplicitamente per consentire ai vari poteri paralleli che governano lo Stato di essere loro stessi lo Stato.

Ciò che voleva la massoneria era appunto disegnare un’architettura tale che consentisse a questi poteri paralleli di essere il dominus assoluto delle istituzioni e oggi ci guardiamo intorno e vediamo esattamente quello che tali massoni volevano per l’Italia.

La sovranità nazionale è stata trasferita nelle mani di centri sovranazionali e i rappresentanti locali di questi interessi sono praticamente tutti iscritti alle varie logge massoniche e ad altri centri paramassonici, quali il Rotary e i Lions.

Il popolo che sulla carta dovrebbe avere in mano la sovranità è del tutto tagliato fuori e negli ultimi anni la distanza tra gli apparati istituzionali e il resto del Paese si è fatta così profonda da portare inevitabilmente ad una crisi della stessa liberal-democrazia costituzionale.

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Una crisi che a nostro giudizio sfocerà prima o poi di questo passo in una conseguente fine di questo ormai insostenibile status quo che tra l’altro ha perduto anche il perno atlantico sul quale si poggiava, considerata la inarrestabile crisi dell’impero americano.

Ciò detto, la Prima Repubblica nonostante si trovasse rinchiusa nel recinto della NATO e nonostante l’avanzata delle massonerie, messe fuori legge ai tempi del fascismo, riusciva a conservare un suo spazio di politica estera.

Nonostante le enormi pressioni subite da Washington, i politici della Prima Repubblica non erano degli zerbini pronti a farsi calpestare dai vari emissari della Casa Bianca e sapevano dire di no in più di un’occasione.

La tradizione filo-araba della Prima Repubblica

Soprattutto non erano degli agitati e scomposti pasdaran dello stato di Israele come lo sono i “politici” in declino che oggi vediamo, ancora per poco auspicabilmente, sulla scena politica.

È questo il caso di Aldo Moro, da noi definito padre del mondo multipolare, quando nel lontano 1973 durante la guerra dello Yom Kippur, che vedeva contrapposti Egitto e Israele, da ministro degli Esteri rifiutava di mettere a disposizione la base di Sigonella per consentire agli aerei americani di bombardare gli obiettivi nemici dello stato ebraico.

A Washington comanda lo stato profondo composto da un dedalo di club e circoli quali il CFR e il Bilderberg ma soprattutto ha una pesantissima ed innegabile influenza la lobby sionista.

Ciò è dovuto anche in larga parte al sistema di valori che governa gli Stati Uniti d’America. Gli Stati Uniti sono infatti un Paese fondato sul protestantesimo anglosassone e tale filone della cristianità, eretico per il cattolicesimo, considera ancora oggi gli ebrei come il popolo eletto mentre il cattolicesimo, quello tradizionalista e autentico, considera il popolo ebraico come privo della sua caratteristica privilegiata da quando Cristo morì sulla croce.

In tale ottica cattolica, il patto tra Dio e gli ebrei è quindi revocato perché gli ebrei purtroppo rifiutarono il messia mentre per i protestanti, o per molti di essi, questa separazione non è mai avvenuta.

Il mondo protestante considera ancora gli ebrei come il popolo di Dio e vede nello stato di Israele il compimento di una profezia divina, nonostante non si veda molto la mano di Dio nella creazione di Israele, ma piuttosto quella della famiglia Rothschild.

Questa differente impostazione culturale e religiosa si è riflessa anche nei rapporti con Israele ed è per questo che l’Italia della Prima Repubblica non era affatto filo-sionista.

L’Italia della Prima Repubblica era invece molto vicina al mondo arabo e sapeva riconoscere l’esigenza della nascita di uno stato palestinese.

Era a questo che aspiravano uomini come Aldo Moro detestati dal mondo dell’anglosfera e minacciati apertamente di morte da personaggi quali Henry Kissinger che non tolleravano che dei politici italiani dissero di no ai suoi ordini.

Lo stesso può dirsi per un altro esponente della DC di quegli anni quale Giulio Andreotti che non nascondeva affatto le sue simpatie per la causa del popolo palestinese.

Per Andreotti era impensabile che il popolo palestinese strappato della sua terra non avesse un suo Stato, e quando si soffermava a prendere in considerazione le tremende condizioni nelle quali i palestinesi vivevano affermò che “ognuno di noi, se fosse nato in un campo di concentramento e non avesse da cinquant’anni nessuna prospettiva da dare ai figli, sarebbe un terrorista.”

Andreotti sapeva e affermava pubblicamente che quanto accaduto nel 1948 con la nascita dello stato di Israele, già molto controversa, e con la mancata nascita dello stato palestinese era il risultato di una profonda ingiustizia.

Sapeva che tale ingiustizia ne avrebbe generate altre a cascata fino ad arrivare alla spirale di morte e violenza che più di 70 anni dopo ancora oggi tristemente costatiamo.

E ne era ben consapevole anche Bettino Craxi che da presidente del Consiglio nel 1985 si alzò per fare un accorato discorso a favore della causa palestinese riconoscendo il suo diritto a resistere all’oppressione israeliana.

Il golpe di Mani Pulite: la nascita della Seconda Repubblica sionista

La tradizione filo-araba della Prima Repubblica che sapeva ben destreggiarsi nel recinto anglo-sionista fu però definitivamente uccisa nel 1992 quando ci fu il famigerato golpe giudiziario di Mani Pulite.

Lì nacque una nuova classe politica fatta sostanzialmente di scendiletto e zerbini che eseguono qualsiasi ordine che giunge loro da Washington e Tel Aviv.

Il mondo cattolico politico che un tempo si schierava dalla parte della Palestina divenne un militante di Israele e si trasformò in un mero cameriere della lobby sionista.

A sinistra non andò affatto meglio. Sparito il PSI di Craxi, i post-comunisti del PDS scelti da Washington per guidare l’Italia divennero i più fedeli portatori di interessi dello stato di Israele.

Non c’è stato un politico nel centrodestra e nel centrosinistra che non si sia dichiarato fedele allo stato ebraico.

Dopo il 1992, per entrare a palazzo Chigi prim’ancora che baciare la pantofola di Washington occorre baciare quella di Tel Aviv.

Ed è quello che è accaduto con Silvio Berlusconi che proclamava la sua sottomissione a Israele ai quattro venti ed è quello che è accaduto con Massimo D’Alema quando nel 1994 non appena divenne segretario del PDS si recò subito in visita da Netanyahu, che già allora era primo ministro israeliano, come lo è ancora oggi.

Le processioni nelle sinagoghe con la kippah sul capo sono la norma in questa Seconda Repubblica dove tutti si sono fatti camerieri e servi di quei poteri che orchestrarono il golpe nel 1992.

Accade ancora oggi con Giorgia Meloni, l’ultimo premier di questa triste serie, che in un gesto che non ha precedenti decide di far proiettare la bandiera d’Israele sulla facciata di palazzo Chigi.

Non c’è più politica estera, non c’è più nemmeno quel residuo spazio che aveva la Prima Repubblica.

C’è soltanto un monumento al servilismo rappresentato al meglio, o al peggio, dalla rivoltante campagna del Foglio, altro quotidiano di stretta appartenenza sionista, intitolata “Io sto con Israele” alla quale stanno aderendo in queste ore anche, ovviamente, gli improponibili ministri del governo Meloni, quali Gennaro Sangiuliano, già direttore del TG2.

Questo è il risultato del golpe del 1992. Questo è il risultato di non avere un Paese dotato di piena sovranità e padrone del proprio destino.

L’Italia con quel colpo di Stato venne declassata a stato fantoccio completamente telecomandato dall’estero e incapace di prendere una decisione che non sia quella voluta da Israele o dall’impero americano, ormai in declino.

È proprio però quest’ultimo fattore che ci ha portato in più di un’occasione a sostenere che il tempo di questa Seconda Repubblica e della stessa impalcatura costituzionale è probabilmente giunto al termine.

Sono venuti meno quei perni sui quali si fondava tutto. È venuto meno soprattutto l’appoggio dell’impero americano che dall’era Trump in poi ha consegnato gli USA ad una dimensione più nazionalistica che internazionalistica.

Questo è quello che ci fa pensare che lo spettacolo indecente al quale stiamo assistendo non siano altro che le ultime sortite di questi saltimbanchi che urlano la loro sottomissione a Israele ma che non hanno più dietro quei poteri che gli consentivano di restare sulla scena politica.

Il futuro della politica estera dell’Italia dovrà essere auspicabilmente uno radicalmente differente da quello attuale.  Dovrà essere uno nel quale l’Italia persegua la sua strada e i suoi interessi senza preoccuparsi troppo di scontrarsi con queste lobby.

Gli alleati per un percorso del genere ci sono e si trovano nel mondo multipolare. Nel frattempo, a coloro che sono giustamente disgustati dallo spettacolo di questi giorni con questa interminabile sequela di omaggi ad Israele, suggeriamo di portare ancora un po’ di pazienza.

il declino della Seconda Repubblica, e del liberal-progressismo al seguito, sembra veramente essere alle ultime battute.

Il sipario su questo indecente spettacolo sarà un vero e proprio respiro di sollievo.

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