La Russia ha vinto in Ucraina? Si, già da tempo

Filippo Sardella
Presidente at Istituto Analisi Relazioni Internazionali – Analista geopolitico

Fin dall’inizio delle ostilità sono stato tra quelle poche persone a reputare difficile sia una vittoria russa, intesa come intera occupazione del territorio ucraino, sia una totale riconquista dell’esercito di Kiev del proprio territorio orientale occupato dai russi. 
Pochi, incomprensibilmente, capirono il ragionamento analitico e, forse, presi da spirito partigiano bollarono chi, come il sottoscritto, ragionava su principi reali come filo-putiniani. Del resto, però, la tesi che esponevo non sembrava difficile da capire e, ad oggi, dopo quasi due anni di guerra ininterrotta, sembra che il tempo mi abbia dato ragione.
La base del mio pensiero era semplice, l’Ucraina doveva reperire i propri approvvigionamenti militari, offensivi e difensivi, all’estero, mentre la Russia possedeva già una linea di approvvigionamento più immediata, data la prossimità e la continuità territoriale con l’Ucraina. Kiev, quindi, doveva sperare in aiuti di Stati terzi, spesso in disaccordo sul da farsi e scoordinati; Mosca, invece, aveva già un’economia ben pianificata ad affrontare un conflitto di lungo periodo e logorante.
Del resto, sostenevo molto chiaramente che quando si ha una linea di approvvigionamento contigua, ciò significa che le risorse e i rifornimenti possono essere inviati direttamente al fronte; questo offre un vantaggio immediato in termini di prossimità geografica. Le truppe e le forniture possono essere trasportate più rapidamente e a costi logistici inferiori. La comunicazione è più efficiente, consentendo una risposta più rapida ai mutamenti sul campo di battaglia e la presenza fisica delle forze armate lungo la linea di approvvigionamento offre una maggiore sicurezza contro attacchi nemici, rendendo la difesa delle linee di approvvigionamento più gestibile.
Tuttavia, ci sono anche possibili svantaggi nella contiguità geografica, quelli di cui avrebbe dovuto godere la controffensiva ucraina durante la cosiddetta “controffensiva di primavera“; una linea di approvvigionamento contigua, infatti, può diventare vulnerabile se il nemico, approfittando della vicinanza geografico-logistica, riesce a penetrare il fronte, interrompendo rapidamente l’approvvigionamento.
Per quanto concerne l’Ucraina, invece, dipendere da Paesi lontani offre diversi vantaggi, come la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, la capacità di offrire risorse e tecnologie che potrebbero non essere disponibili localmente (migliorando le capacità militari complessive) e le rotte di approvvigionamento possono essere più difficili da individuare e attaccare per il nemico, specialmente se protette da forze navali; tuttavia esistono anche svantaggi significativi. 
I tempi di consegna prolungati a causa della distanza possono influenzare la prontezza operativa e la capacità di rispondere rapidamente ai cambiamenti sul campo di battaglia, il trasporto da lunghe distanze è costoso, sia in termini finanziari che di risorse umane e gli eventi globali come conflitti in altre regioni (il caso del conflitto Israele – Hamas è un esempio) possono interrompere le rotte di approvvigionamento e dirottare parti degli aiuti in altre parti del globo considerate più a rischio, compromettendo la continuità dell’approvvigionamento.
Quanto appena esposto è stato uno dei fattori principali che ha portato il mio ragionamento analitico a dedurre che una vittoria russa era possibile fin dall’immediato inizio della guerra, dove per vittoria si intende non l’intera occupazione dell’Ucraina, bensì il conseguimento di nuovi territori da annettere alla Russia.
Giunti a dicembre 2023, quasi due anni dopo lo scoppio delle ostilità, appare chiaro anche a gran parte degli osservatori internazionali, che una vittoria russa è possibile, dato che, al contrario di quanto più volte annunciato dal Presidente Zelensky, sembra che l’esercito ucraino non solo non riuscirà a riprendere la Crimea, ma non sembra neppure in grado di riacquisire gli ex territori ucraini del Donbass. 
La controffensiva ucraina non ha raggiunto i propri obiettivi e la guerra sembra essersi diretta verso una fase di stallo dove per entrambi gli eserciti risulta più conveniente continuare a difendere le proprie posizioni che avanzare nel tentativo di conquistare nuove posizioni.
Se la tattica difensiva premia Mosca da una parte, condanna Kiev dall’altra e, in questo caso, risulta determinante proprio il campo di battaglia per le future scelte politiche dell’Ucraina. 
Se l’Ucraina si ritira, il dissenso a Kiev diventerà più forte e non solo; in Occidente si inizierà a pensare, infatti, che il sostegno, in termini di armi e denaro, sia solo uno spreco. 
Situazione diametralmente opposta per la Russia che, nel 2024, avrà una capacità bellica maggiore e migliore, dato che disporrà di più droni e proiettili di artiglieria.
Il forte sostegno occidentale all’Ucraina potrebbe essere stato un boomerang per Kiev?
Il fortissimo sostengo Occidentale all’Ucraina, ad una valutazione più attenta, potrebbe avere determinato anche la sua debacle sul campo di battaglia. Il vigoroso supporto ricevuto da Kiev da parte di numerosi Paesi alleati degli USA ha avvantaggiato Putin nel trovare sostegno da tutti quei Paesi che sono in rotta o che mal digeriscono la politica estera USA; in breve, la crociata di Washington contro Mosca, costi quel che costi purché la Russia venga sconfitta, ha determinato la creazione, con altrettanta veemenza, di un contro-movimento a supporto della Russia. 
I droni dall’Iran e i proiettili di artiglieria dalla Corea del Nord, Turchia e Kazakistan diventati canali per le merci che alimentano la macchina da guerra russa e il sud globale, disinteressato da ciò che accade in Europa e quindi meno interessato a supportare l’Ucraina e le politiche di sostegno Usa al Paese, sono solo alcuni dei numerosi esempi che si potrebbero fare.  Oltre a questo è saltato lo schema per diminuire le entrate petrolifere russe limitando il prezzo del suo greggio a 60 dollari al barile in quanto è nata una struttura commerciale parallela è emersa.
La vittoria della politica interna: Mosca vs Kiev
Le guerre hanno bisogno soprattutto di sostegno interno e di un opinione pubblica che le supporti e, anche sotto questo aspetto, Putin sta vincendo. L’opinione pubblica russa, di certo, così come gran parte dei cittadini russi, non amano la guerra, ma di fatto si sono abituati ad essa e alle sue conseguenze, ovvero ad essere lo Stato più sanzionato al mondo. Proprio le sanzioni hanno fatto sì che l’élite economico-finanziaria, legata spesso a posizioni di vertice del mondo politico, rafforzasse la presa sull’economia. Questo ha generato tre specifiche storture per l’Occidente:
le sanzioni non hanno funzionato e, paradossalmente, si ritorcono in parte contro chi le ha applicate;
gli uomini di potere che fanno parte del mondo economico, ma che hanno legami con il mondo politico, vedono nel prosieguo della guerra un vero e proprio interesse economico;
lo Stato russo può permettersi di pagare uno stipendio molto lauto alle famiglie di coloro che combattono e un’ottima pensione per coloro che muoiono.
A Kiev, invece, si iniziano a vedere le prima spaccature all’interno del governo. Il presidente Zelensky e Valery Zaluzhny, il suo generale più anziano, hanno iniziato una guerra dialettica interna, volta l’uno a smentire l’altro; inoltre i sondaggi, alla luce dei recenti e continui scandali di corruzione, mostrano i cittadini ucraini in forte preoccupazione per il futuro del loro Paese.
I governi occidentali sembrano non vedere l’ora di smarcarsi dal conflitto ucraino che qualora si stabilizzare, come sembra di fatto essere, rischia di diventare un “mutuo a lungo termine” per gli Stati sostenitori di Kiev. 
Negli Stati Uniti l’amministrazione Biden sta lottando per far approvare al Congresso finanziamenti per un valore di oltre 60 miliardi di dollari, cosa che, meno di un anno fa, sarebbe stata decisamente più semplice. 
L’Unione europea ha promesso all’Ucraina 50 miliardi di euro (56 miliardi di dollari), ma il denaro viene trattenuto dall’Ungheria e, forse, da un pasticcio di bilancio in Germania. A dicembre l’UE dovrebbe segnalare che è pronta ad avviare i colloqui per l’adesione dell’Ucraina anche se molti credono che il processo sarà intenzionalmente bloccato perché l’allargamento è difficile e minaccia gli interessi acquisiti. 
La guerra in Ucraina, come era prevedibile, a meno di un intervento diretto degli Stati Uniti o della NATO è improbabile che veda vincitori gli stessi ucraini, per il bene di tutti e quindi, data la situazione di stallo attuale, non resta che aspettare degli auspicabili colloqui di pace.

LA GUERRA IN UCRAINA SERVE AGLI USA. E NON NE FANNO MISTERO – Di Caitlin Johnstone

FONTE: Settembre 2023 

Mentre alla massa viene ripetuto ossessivamente da 18 mesi lo slogan della “guerra non provocata”, analisti e opinionisti di regime sono concordi nel ritenere che la guerra in Ucraina sia un grande affare per gli Stati Uniti sotto ogni punto di vista. E lo dicono pure esplicitamente. Peccato che a leggerli siano in pochi.

Titolo originale: US Officials Keep Boasting About How Much The Ukraine War Serves US Interests,
di Caitlin Johnstone, Caitlin’s Newsletter, settembre 2023

Uno dei buchi narrativi più evidenti nella narrativa ufficiale mainstream sull’Ucraina è il modo in cui i funzionari statunitensi continuano a vantarsi apertamente del fatto che questa guerra, apparentemente non provocata, che gli Stati Uniti stanno appoggiando solo per bontà di cuore, serva enormemente gli interessi degli Stati Uniti.

In un recente articolo per il Connecticut Post, il senatore Richard Blumenthal ha assicurato gli americani che “stiamo ottenendo il massimo profitto dai nostri investimenti in Ucraina”:

“Per meno del 3% del bilancio militare della nostra nazione, abbiamo consentito all’Ucraina di ridurre della metà la forza militare della Russia”, scrive Blumenthal. “Abbiamo unito la NATO e costretto i cinesi a riconsiderare i loro piani di invasione di Taiwan. Abbiamo contribuito a ripristinare la fede e la fiducia nella leadership americana – morale e militare. Il tutto senza che una sola donna o un solo uomo di servizio americano sia rimasto ferito o sia andato perso e senza alcuna deviazione o appropriazione indebita degli aiuti americani”.

Come ha recentemente osservato Dave DeCamp di Antiwar, questo tipo di discorso sugli “investimenti” in Ucraina è diventato sempre più comune. Lo scorso fine settimana il senatore Mitt Romney ha definito la guerra “la migliore spesa per la difesa nazionale che penso abbiamo mai fatto”.

“Non stiamo perdendo vite umane in Ucraina e gli ucraini stanno combattendo eroicamente contro la Russia”, ha detto Romney. “Stiamo diminuendo e devastando l’esercito russo per una somma di denaro molto piccola… una Russia indebolita è una buona cosa”.

Il mese scorso il leader della minoranza al Senato Mitch McConnell ha affermato che gli americani dovrebbero sostenere la guerra per procura del governo americano in Ucraina perché “non abbiamo perso un solo americano in questa guerra”, aggiungendo che la spesa sta aiutando a impiegare americani nel complesso militare-industriale. 

“La maggior parte del denaro che spendiamo per l’Ucraina viene effettivamente speso negli Stati Uniti, ricostituendo armi, armi più moderne”, ha detto McConnell. “Quindi, si tratta a tutti gli effetti di assumere persone qui e di migliorare le nostre forze armate per ciò che potrebbe accadere in futuro.”

McConnell parla già dallo scorso anno di quanto questa guerra avvantaggi gli Stati Uniti. In occasione di un discorso pronunciato lo scorso dicembre, il mostro malato della palude ha sostenuto che “le ragioni più basilari per continuare ad aiutare l’Ucraina a indebolire e sconfiggere gli invasori russi sono i freddi, duri e pratici interessi americani”

“Aiutare i nostri amici nell’Europa orientale a vincere questa guerra è anche un investimento diretto nel ridurre le future capacità di Vladimir Putin di minacciare l’America, minacciare i nostri alleati e contestare i nostri interessi principali”, ha affermato McConnell.

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Come abbiamo discusso in precedenza, i manager dell’impero statunitense hanno parlato di quanto questa guerra sia utile agli interessi degli Stati Uniti sin dal suo inizio.

Nel maggio dello scorso anno il membro del Congresso Dan Crenshaw ha dichiarato su Twitter che “investire nella distruzione delle forze armate del nostro avversario, senza perdere una sola truppa americana, mi sembra una buona idea”.

“È nell’interesse della sicurezza nazionale dell’America che la Russia di Putin venga sconfitta in Ucraina”, ha twittato il perennemente eccitato dalla guerra senatore Lindsey Graham. 

Lo scorso novembre il Center for European Policy Analysis, il think tank finanziato dalla macchina da guerra imperiale, ha pubblicato un articolo intitolato It’s Costing Peanuts for the US to Defeat Russia (Sconfiggere la Russia ci sta costando noccioline), con sottotitolo “L’analisi costi-benefici del sostegno statunitense all’Ucraina è incontrovertibile. Sta producendo vittorie a quasi tutti i livelli”.

“Spendere il 5,6% del budget della difesa statunitense per distruggere quasi la metà delle capacità militari convenzionali della Russia sembra un investimento assolutamente incredibile”, ha affermato Timothy Ash, autore dell’articolo. “Se ripartissimo il bilancio della difesa statunitense in base alle minacce che deve affrontare, la Russia avrebbe forse una spesa per minaccia dell’ordine di 100-150 miliardi di dollari. Quindi, spendere solo 40 miliardi di dollari all’anno erode un valore di minaccia di 100-150 miliardi di dollari, con un rendimento di due o tre volte. In realtà, è probabile che il rendimento sia multiplo di questo valore, dato che la spesa per la difesa e la minaccia sono eventi annuali ricorrenti”.

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Ovviamente, i mass media sono tutti saliti a bordo riproponendo lo stesso messaggio. Qualche settimana fa David Ignatius del Washington Post ha scritto un articolo in cui spiegava perché gli occidentali non dovrebbero “sentirsi tristi” su come stanno andando le cose in Ucraina, dal momento che la guerra sta solo portando vantaggi agli interessi degli Stati Uniti all’estero:

“Nel frattempo, per gli Stati Uniti e i suoi alleati della NATO, questi 18 mesi di guerra sono stati una manna strategica, a un costo relativamente basso (tranne che per gli ucraini). L’antagonista più spericolato dell’Occidente è stato colpito. La NATO è diventata molto più forte con l’adesione di Svezia e Finlandia. La Germania si è liberata dalla dipendenza dall’energia russa e, in molti modi, ha riscoperto il proprio senso dei valori. I litigi all’interno della NATO fanno notizia, ma nel complesso questa è stata un’estate trionfale per l’alleanza”.

Sospetto che ricorderò periodicamente ai miei lettori quel paragrafo, incluso l’inciso di Ignatius “tranne che per gli ucraini”, per il resto della mia carriera di scrittrice.

Quindi, mentre da un lato la classe politica e mediatica occidentale ci ripete ossessivamente da mesi che l’invasione dell’Ucraina “non è stata provocata” e che gli Stati Uniti e i loro alleati non hanno svolto alcun ruolo nel facilitare questo conflitto, dall’altra tutti i manager dell’impero sono entusiasti di come questa guerra avvantaggi gli interessi degli Stati Uniti. 

Queste due narrazioni sembrano un po’ contraddittorie, non è vero?

Un pensatore critico può conciliare questa contraddizione in due modi. Il primo, può credere che il governo più potente e distruttivo del mondo sia solo un testimone passivo e innocente della violenza in Ucraina e tragga enormi vantaggi dalla guerra solo per pura coincidenza. Il secondo, può credere che gli Stati Uniti abbiano intenzionalmente provocato questa guerra con la consapevolezza che ne avrebbero tratto beneficio.

Da dove sono seduta, non è difficile decidere quale di queste due possibilità sia la più probabile.